11.08 – IL SEGNO DI GIONA (Marco 16.1-4)

11.08 – Il segno di Giona (Matteo 16.1-4)

 

1 I farisei e i sadducei si avvicinarono per metterlo alla prova e gli chiesero che mostrasse loro un segno dal cielo. 2Ma egli rispose loro: «Quando si fa sera, voi dite: «Bel tempo, perché il cielo rosseggia»; 3e al mattino: «Oggi burrasca, perché il cielo è rosso cupo». Sapete dunque interpretare l’aspetto del cielo e non siete capaci di interpretare i segni dei tempi? 4Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona». Li lasciò e se ne andò.

 

Prima di affrontare l’episodio è doverosa un’annotazione geografica poiché il resoconto del miracolo della seconda moltiplicazione dei pani e dei pesci si conclude con le parole “Poi salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà” (Marco 8.10), oppure “Congedata la folla, Gesù salì sulla barca e andò nella regione di Magadàn” (Matteo 15.39). Non si tratta di una contraddizione, poiché “Magadàn”, in diversi manoscritti, è indicata come “Magdala” e “Dalmanutà”; pur non venendo mai menzionato nei Vangeli salvo che in questo passo, Dalmanutà era un villaggio da lei distante circa un chilometro e mezzo.

Altra annotazione riguarda i “farisei e i sadducei”, fazioni spesso in contrasto tra loro soprattutto riguardo al tema della resurrezione dei morti, di cui questi ultimi negavano la possibilità. Ora quelli di cui parla Matteo non erano “venuti da Gerusalemme”, ma del luogo, poiché altrimenti dovremmo pensare che il gruppo gerosolimitano presidiasse ovunque il territorio della Galilea, cosa impossibile. I sadducei disprezzavano Gesù più dei farisei perché, parlando di resurrezione, sconfessava le loro teorie e credenze in toto e, infatti, è riportata una questione emblematica in proposito: “C’erano fra noi sette fratelli; il primo appena sposato, morì, e non avendo discendenza, lasciò la moglie a suo fratello. Così anche il secondo, e il terzo, fino al settimo. Alla fine, dopo tutti, morì la donna, Alla resurrezione, dunque, di quale dei sette lei sarà la moglie? Poiché tutti l’hanno avuta in moglie. E Gesù rispose loro: «Vi ingannate, perché non conoscete le Scritture e neppure la potenza di Dio. Alla resurrezione infatti non si prende né moglie, né marito, ma si è come angeli nel cielo»” (Matteo 22.25.30). Piccola parentesi su questa verità: nella dispensazione dell’eternità il matrimonio non avrà più alcun senso in quanto non più rappresentativo dell’amore di Dio per il Suo popolo, che sarà finalmente unito a lui per sempre e, con la distruzione di Satana, non esisterà neppure il peccato. Ecco che, tornando alla situazione storica dei tempi di Gesù in terra, i sadducei si allearono con i farisei convinti di sconfiggerLo.

A questo punto chi legge l’episodio è facilmente portato a vedere nella richiesta a Nostro Signore di mostrare “un segno dal cielo” l’allusione a un nuovo miracolo, ma in realtà ciò che gli domandavano era molto più sottile: posti nell’impossibilità di negare le guarigioni stante le testimonianze che ricevevano in merito, chiedono “un segno dal cielo”, cioè che provenisse nello specifico da là affinché il loro inquisito, se era veramente chi diceva di essere, mostrasse  qualcosa di più grande rispetto a manifestazioni che altri uomini di Dio avevano prodotto, di cui possiamo leggere i passi relativi.

Il primo “segno dal cielo” fu prodotto da Mosè con la manna dopo i mormorii del popolo in Esodo 16.4. Gli disse YHWH: “Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina o no secondo la mia legge”. Il secondo, travisato profondamente dalla religione che arrivò a sostenere che fosse il sole a girare attorno alla terra e non viceversa, lo abbiamo in Giosuè 10.12,13: “Quando il Signore consegnò gli Amorrei in mano agli Israeliti, Giosuè parlò al Signore e disse alla presenza di Israele: «Férmati, sole su Gabaon, luna, sulla valle di Àialon». Si fermò il sole e la luna rimase immobile finché il popolo non si vendicò dei nemici”. Terzo segno fu con Samuele: “Non è forse questo il tempo della mietitura del grano? Ma io griderò al Signore de egli manderà tuoni e pioggia. Così vi persuaderete e constaterete che grande è il male che avete fatto davanti al Signore chiedendo un re per voi” (1 Samuele 12.17). Israele infatti, popolo diverso, un re non lo avrebbe dovuto avere. Quarto e ultimo “segno dal cielo” fu con Isaia in 38.8 dopo che il Signore gli disse “«Ecco, io faccio tornare indietro di dieci gradi l’ombra sulla meridiana che è già scesa con il sole sull’orologio di Achaz». E il sole retrocesse di dieci gradi sulla scala che aveva disceso”.

Stante questi illustri precedenti, secondo farisei e sadducei, se Gesù fosse stato quanto meno un uomo di Dio, non avrebbe avuto certamente difficoltà nel mostrar loro qualcosa che li convincesse definitivamente. Quei personaggi non volevano essere posti nell’impossibilità di replicare sul piano dottrinale, ma erano convinti di metterlo in difficoltà su quello dei segni, certamente impossibili a compiersi da un uomo normale, ma i miracoli operati fino ad allora, cos’erano? La richiesta era assurda, presentata da cuori increduli nel profondo, ed è paragonabile a quella di Satana nel deserto di Giuda: “Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo»” (Matteo 4.5-7).

Tentare o mettere alla prova il Signore era esattamente quello che stavano facendo i detrattori di Gesù, che non si rivolsero mai a lui per essere liberati e guariti nel cuore e nell’anima. Esemplare, come comportamento opposto, ciò che fece il padre del ragazzo epilettico in Marco 9.22,23 che gli chiedeva “Se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci”: Gesù gli disse: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede». Il padre del fanciullo rispose subito ad alta voce: «Credo; aiuta la mia incredulità!»”.

A questo punto, tornando all’episodio, abbiamo la risposta di Gesù, che Marco riporta parzialmente, cioè senza il discorso sul tempo buono o cattivo che sta per arrivare, riconoscibile attraverso il colore del cielo al tramonto o all’alba, tramandato anche attraverso un noto proverbio popolare. Ora le parole “Sapete interpretare l’aspetto del cielo e non siete capaci di interpretare i segni dei tempi?” mettono in risalto tutta la volontaria ignoranza di quelle persone che, a differenza del popolo, avevano gli elementi scritturali per riconoscere “i segni” che proprio il loro Dio stava  manifestando perché potessero ravvedersi e convertirsi: molte sono le profezie ricordate da quando sono iniziate queste riflessioni sui Vangeli a cominciare dal fatto che il “Re d’Israele” sarebbe nato a Betlehem e su tutti gli adempimenti ricordati da Matteo, ma qui c’è anche un riferimento alle parole pronunciate millenni prima da Giacobbe, “Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà Colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli” (Genesi 49.10). Notare l’espressione relativa allo “scettro di Giuda” che sarà “tolto”, collegata alla frase di Gesù già riportata in uno studio precedente, “Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti” (Matteo 21.43).

Togliere è un’azione che non avviene mai senza dolore e umiliazione e che, sotto questo aspetto, connettiamo alla frase “Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha, sarà dato, ma a chi non ha, sarà tolto anche ciò che crede di avere” (Luca 8.18). “Ciò che crede di avere” altro non è che la citazione-anticipazione della fine. Certo ogni uomo può avere un suo tesoro indipendentemente dalla professione che esercita, di ciò che possiede sulla terra e queste sono le eventuali ricchezze visibili, terrene, ma qui Gesù va molto più in profondità perché “ciò che crede di avere” è un riferimento a tutto quello che una persona considera come assolutamente suo anche nel profondo della propria anima, compreso ciò che non è direttamente tangibile come le convinzioni religiose, politiche, il suo essere, in poche parole il proprio Io che lo domina e che la persona fa di tutto perché venga gratificato.

Farisei e sadducei si cullavano nelle loro teorie, nel rispetto che suscitavano nelle persone, nell’onore che queste attribuivano loro, nel fatto che fossero gente “santa” e per questo vivevano appartati dagli altri che non rientravano nella loro setta. Ebbene, Gesù nel passo ricordato afferma che tutto quello sarà loro “tolto” e proveranno la vergogna della nudità di Adamo senza possibilità di un riscatto o di una vita alternativa, per quanto penosa, nell’attesa di un liberatore. L’unica àncora di salvezza, sarà passata perché il tempo che l’essere umano ha per salvarsi è direttamente proporzionale a quello della sua esistenza: finita quella, c’è il rendiconto.

Farisei e sadducei si ritenevano santi, ma Gesù li definisce “Generazione malvagia e adultera”: il malvagio è una persona indifferente o che prova addirittura compiacimento nel fare il male e l’adultero colui che abbandona colei o colui che ha scelto per un’altra/o. Molti sono i versi dedicati a questo tipo di persone, ma basta ricordare la preghiera “Condanna il malvagio, facendogli ricadere sul capo la sua condotta, e dichiara giusto l’innocente, rendendogli quanto merita la sua giustizia” (1 Re 8.32; 2 Cronache 6.33), dove molto si può comprendere se applichiamo “dichiara giusto l’innocente” al ruolo del Cristo risorto. Il secondo attributo che Gesù dà di quella generazione – non tutti gli ebrei, ma quelli che gli erano di fronte in quel momento – è “adultera” riferito alla condizione spirituale: dichiaravano di amare Dio, ma di fatto lo sconfessavano. Come il matrimonio naturale, fondato sull’amore vivo e vero, ha nell’adulterio un completo affronto e annullamento del coniuge innocente, quello spirituale comporta l’abbandono del Creatore e Signore per altre forme di adorazione; in poche parole è un’infrazione al primo precetto, “Non avrai altri dèi di fronte a me”. E l’adulterio dei farisei e sadducei era, se possibile, ancora più grave perché da un lato si presentavano come unico riferimento dato al popolo per essere istruito e guidato alla verità, dall’altro adoravano se stessi. Ma erano e volevano restare “guide cieche”.

Infine abbiamo le ultime parole: “…non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona”: l’unico possibile, dato non solo a loro, ma a tutti gli uomini, riferito alla sua morte e resurrezione. Come infatti detto in un altro episodio, dopo le stesse parole, abbiamo “Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra” (Matteo 12.40).

I Vangeli ci dicono che Gesù fu tentato con la richiesta di “un segno” tre volte, e in tutte e tre diede la medesima risposta; anzi, la prima fu leggermente diversa e avvenne quando furono cacciati dal tempio i venditori di animali per i sacrifici: “Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quali segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro: «Distruggete questo tempio e in tre giorni io lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo fari risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu resuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù” (Giovanni 2. 18-22).

La storia insegna che neppure il “segno di Giona” fu elaborato dai Giudei, talché negarono l’evidenza e ricorsero ad ogni stratagemma pur di negarla, ad esempio ordinando alle guardie di dire che, mentre dormivano, i discepoli avevano rubato il corpo del loro Maestro. Anche oggi molti esprimono le loro opinioni su Gesù, ma non prendono in considerazione il suo essere risorto dopo tre giorni: se ciò non fosse avvenuto, tutto sarebbe una colossale illusione, un abbaglio. E l’uomo sarebbe veramente solo, un puntino destinato a scomparire nell’universo. Come scrive infatti Paolo nella sua prima lettera ai Corinti, “Se Cristo non è risorto, allora vuota è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede. (…) Se i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. (…) Se i morti non risorgono, mangiamo e beviamo, perché domani moriremo” (15. 14,17,32).

Come Gesù, dopo queste parole, è scritto che “li lasciò e se ne andò”, così si avvicina e tale rimane accanto a tutti coloro che, avendolo accolto, hanno ricevuto “il potere di diventare figli di Dio”. Amen.

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