11.15 – SEGUIRE GESÙ: PRENDERE LA CROCE I (Matteo16.24)

11.15 – Seguire Gesù: prendere la croce I (Matteo 16. 24)

 

 24Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.

 

Il parallelo di Marco ci informa che Gesù e i discepoli erano soli quando avvenne il riconoscimento di Pietro e il suo rimprovero, quindi tutto questo si verificò a distanza dalla gente che Lo seguiva. Anche lì, in quel territorio di Cesarea di Filippo, le persone Lo riconobbero e Lo seguivano, ma credo in maniera diversa; ricordiamo che in altri episodi, presente la folla, era detto che  “non avevano tempo neppure per mangiare” e quando Nostro Signore volle portarli in un luogo isolato per farli riposare, tornati dalla missione che aveva loro affidato, ci riuscì in parte. Qui invece in Marco 8.34 leggiamo “Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro”: li dovette chiamare, ma chi erano?

Gesù, all’inizio del Suo Ministero, opera nel territorio della Giudea e Galilea, con una visita in territorio Samaritano. Lì conosce e opera anche nei confronti di persone non appartenenti al popolo di Israele nel senso puro del termine, che tuttavia gli manifestarono una grande fede. Poi, come visto ultimamente, passa nella zona di Tiro e Sidone, tra i pagani, guarendo la figlia della donna cananea, o siro-fenicia. Quindi va nella Decapoli, rientra nella Galilea, per la seconda volta dà da mangiare alla folla (quattromila persone) “sette pani e pochi pesciolini” per poi entrare nella regione di Cesarea di Filippo: abbiamo tre passaggi in territori non ebrei che avvengono poco prima del Suo riconoscimento come “il Cristo” e del nuovo periodo di istruzione dei Dodici. Le persone che Gesù chiamò a Sé per farsi ascoltare, erano allora pagani ed ebrei, essendo imminente il Suo Sacrificio. Tra l’altro, qui è la prima volta in cui Nostro Signore, prima di parlare, “convoca la folla” rivelando cosa significhi veramente seguirlo e lo fa partendo dal significato più immediato del verbo, “venir dietro di me”, perché per seguire una persona bisogna necessariamente porsi avendola quanto meno a portata d’occhio per fare il suo stesso percorso.

E qui Gesù dice chiaramente che il “venir dietro di me” non è un’azione che possa risolvere qualcosa, ma è necessaria una piena identificazione in Lui. “Rinneghi se stesso, prenda la sua croce – Luca aggiunge “ogni giorno”e mi segua”, frase identica in tutte le versioni salvo, come abbiamo letto, ciò che Luca aggiunge.

A questo punto necessita una precisazione, e cioè: non è la prima volta che Nostro Signore parla della necessità di prendere “la propria croce”. La prima volta che espresse questo concetto l’abbiamo nel sermone in Matteo 10.38, “Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me”, che abbiamo esaminato in un precedente capitolo. Allora, però, questa frase era inserita in un contesto molto più ampio, in un discorso rivolto ai Dodici prima di inviarli in missione e lo abbiamo trattato come tale, cioè dedicandovi un breve ed essenziale sviluppo che qui cercheremo di estendere in modo più ampio e complesso ricordando che la Parola di Dio poche volte ha dei riferimenti univoci.

Sappiamo infatti che la voce di YHWH è paragonata a un suono: Daniele, quando lo udì, cadde “stordito con la faccia a terra” (10.9) e che Giovanni, in un verso già citato, in Apocalisse 1.15 scrive “La sua voce era simile al fragore di grandi acque”; riferimento al rumore bianco, cioè la somma di tutte le frequenze udibili. Il rumore bianco, per definizione, è quello caratterizzato dall’assenza di periodicità nel tempo e da ampiezza costante su tutto lo spettro di frequenze. Quello delle onde del mare è un primo esempio. Quindi la multiformità del messaggio, la sua contemporaneità nel momento. È necessario allora cercare di districarsi, quando siamo in presenza di espressioni e concetti che, come nel nostro caso, ne comprendono molti: “prendere la propria croce” è uno di questi; sono parole strutturate in modo tale da presentare un numero elevato di strati, di rimandi, di concetti.

I termini chiave di questo verso, facendo riferimento a Luca, sono due, la “croce” e “ogni giorno” e credo sia utile cominciare da quest’ultimo, che ci parla fondamentalmente di continuità, necessaria anche solo per l’apprendimento e il mantenimento di qualsiasi professione che richiede costanza, studio, pratica e aggiornamento. Nel campo spirituale troviamo molti esempi negli scritti dell’Antico e del Nuovo Patto.

“Ogni giorno” lo troviamo per la prima volta in Esodo 16.4 a proposito della manna: “Il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina o no secondo la mia legge”. Qui abbiamo un nutrimento dato direttamente da Dio al suo popolo, che non poteva prenderne per conservarlo perché “quando il sole cominciava a scaldare, si scioglieva” e addirittura, si esprime meraviglia perché solo quando veniva raccolta doppia razione il giorno antecedente il sabato, “non imputridiva, né vi erano vermi” (v.24). Il primo riferimento, allora, è che “ogni giorno” il credente è chiamato nel suo interesse a cercare il proprio nutrimento spirituale, di cui abbiamo traccia nella preghiera del “Padre Nostro”.

E qui i riferimenti sono numerosi: ricordiamo Deuteronomio 11.1, “Ama dunque il Signore, tuo Dio, e osserva ogni giorno le sue prescrizioni; le sue leggi, le sue norme e i suoi comandi”, Proverbi 8.24 “Beato l’uomo che mi ascolta, vegliando ogni giorno alle mie porte, per custodire gli stipiti della mia soglia”, per non parlare delle promesse, tutt’oggi valide, contenute nel Salmo 1: “Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non resta nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli arroganti, ma nella legge del Signore trova la sua gioia, la sua legge medita giorno e notte. È come un albero piantato lungo corsi d’acqua, che dà frutto a suo tempo: le sue foglie non appassiscono e tutto quello che fa, riesce bene. Non così, non così i malvagi, come pula che il vento disperde; perciò non si alzeranno i malvagi nel giudizio né i peccatori nell’assemblea dei giusti, poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti, mentre la via dei malvagi va in rovina”.

Anche in questi versi abbiamo un primo significato di quell’ “ogni giorno” detto da Gesù, che sarebbero delle belle massime religiose se non sapessimo che c’è un rapporto stretto tra l’avvicinarsi a Dio e il confronto con Lui, che “Ogni giorno ha compassione e dà in prestito, e la sua stirpe sarà benedetta” (Salmo 37.26). In opposizione abbiamo le conseguenze della disubbidienza così descritta in Deuteronomio 28.33: “Un popolo che tu non conosci mangerà il frutto del tuo suolo e di tutta la tua fatica. Sarai oppresso e schiacciato ogni giorno”, verso rientrante nelle maledizioni nel caso in cui Israele non Lo avesse seguito.

“Ogni giorno” ci parla anche del sacrificio quotidiano dei due agnelli (Esodo 28.29) a conferma del bisogno continuo di remissione a prescindere e non solo per un peccato specifico, per il quale esistevano precise norme. Così anche noi constatiamo quotidianamente la nostra debolezza e fragilità, necessitando sempre del perdóno anche per quelle mancanze dovute a inavvertenza, che non vediamo.

La quotidianità ci parla anche di testimonianza e di pratica concreta di fede: ricordiamo Atti 5.52, “Ogni giorno, nel tempio e nelle case, non cessavano di insegnare e annunciare che Gesù è il Cristo”, 16.5, “Le Chiese intanto andavano fortificandosi nella fede e crescevano di numero ogni giorno” ed Ebrei 3.13 “Esortatevi piuttosto a vicenda ogni giorno, finché dura questo oggi – cioè il tempo presente – perché nessuno di voi si ostini, sedotto dal peccato”. Tutto questo perché la vita che viviamo non dà tregua quanto a problemi, siano essi spirituali o pratici perché “a ciacun giorno basta la sua pena”.

Ecco allora che quell’ “ogni giorno” di cui parla Gesù comprende tutti questi elementi; in pratica non dobbiamo dimenticare che il riferimento è al nutrimento spirituale, al sacrificio dell’Antico Patto fatte le opportune applicazioni, a trovare nel Signore l’unico riferimento conoscendo la Sua cura, alla testimonianza e al fatto che ci troveremo sempre di fronte a degli elementi avversi, siano essi persone o problemi contingenti della vita. Un’espressione che ne racchiude tante altre e contemporaneamente, “il suono di grandi acque” di cui è stato accennato poco sopra.

In altri termini la “croce”, che esamineremo nel prossimo capitolo, se fosse da prendere “ogni giorno” limitandoci al suo stretto significato, genererebbe in noi un senso di disagio, assumendo un significato di condanna quasi senza speranza come fu per Adamo quando si sentì dire “…maledetto sarà il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba dei campi – non più l’albero della vita –. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai” (Genesi 3. 17-19).

Molto tempo è però passato da quel giudizio e ci troviamo certamente in una posizione diversa dai nostri progenitori perché sappiamo che l’ “ogni giorno” in cui la croce va presa comporta assistenza, aiuto e benedizione. Non siamo lasciati soli nel nostro cammino mai, a meno che non siamo noi a volerlo ignorando la cura e l’attenzione continua che il Padre, grazie all’intercessione del Figlio, ci vuole dare. Amen.

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