16.32 – Il sermone profetico 5: Terremoti (Matteo 24.7-8)
7Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi: 8ma tutto questo è solo l’inizio dei dolori.
I terremoti sono il secondo, o terzo in base alla traduzione scelta, elemento destinato a caratterizzare il tempo della fine secondo quanto abbiamo sviluppato finora. Va sottolineato che “in vari luoghi” è una versione addolcita dell’originale “in ogni luogo” a significare che nessuna parte della terra verrà risparmiata da essi. Come già fatto in precedenza, guardiamo al periodo prima degli anni 70: Terremoti avvennero in Creti (Toscana) nel 41, nel 51 in Roma, l’anno seguente ad Apamea (Siria), nel 60 a Laodicea e l’ultimo nel 67 in Palestina.
Un terremoto è causato da improvvisi movimenti di masse rocciose più o meno grandi all’interno della crosta terrestre. Si tratta degli eventi distruttivi più potenti che possano avvenire e possono liberare un’energia superiore a migliaia di bombe atomiche. Un terremoto può spostare in pochi secondi volumi di roccia di centinaia di chilometri quadrati anche se ovviamente non sempre è così. Purtroppo, trattandosi di un argomento molto complesso, siamo costretti a mantenerci su questo livello essenziale tralasciando, ad esempio, le relazioni fra questo tipo di fenomeno e i vulcani, alcuni dei quali realmente pericolosi anche se inattivi (ma non spenti) da molto tempo quali ad esempio il nostro Vesuvio che tornerà ad eruttare in modo devastante anche se non è possibile prevedere quando.
Ciò che ci interessa, comunque, è sempre la visione spirituale del fenomeno che incontriamo per la prima volta, per quanto non espressamente citato, quale uno degli elementi determinanti alla rovina del diluvio: leggiamo infatti che “eruppero tutte le sorgenti del grande abisso e le cateratte del cielo si aprirono” (Genesi 6.11), a conferma che non consisté solo in una pioggia straordinariamente continua e forte che finì per sommergere ogni cosa. In quel caso il terremoto costituì uno strumento di Dio per dar luogo a un Suo giudizio, con le modalità descritte dal verso citato, ma non sempre è visto in questo modo; addirittura, in 1 Re 19.11-12, episodio relativo alla chiamata di Elia, gli fu detto “«Esci e férmati sul monte alla presenza del Signore». Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo un terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, un sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna”.
Il terremoto era più visto come un evento naturale, salvo casi in cui Dio se ne serviva come avvenne alla morte di Gesù e alla sua risurrezione (Matteo 27.24 e 28.2) oppure in Atti 16.26 quando, grazie a questo fenomeno, furono liberati Paolo e Sila: “All’improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito si aprirono tutte le porte e caddero le catene di tutti”.
Va anche considerato che Nostro Signore parla di “carestie e terremoti in ogni luogo” che si verificheranno fino alla “fine”, che in gran parte saranno conseguenze naturali delle nefaste attività umane (le prime) e dei movimenti interni della terra (i secondi), ma che poi saranno strumento del Giudizio di Dio. Inoltre vediamo che questi eventi vengono ritenuti “solo l’inizio dei dolori”, quindi un’introduzione a ciò che verrà, ma il termine impiegato per qualificarli, óinon, cioè le doglie, ci chiarisce che saranno dei segnali importanti, come avviene per la rottura delle acque e soprattutto alle contrazioni della donna gravida, che si presentano a intervalli regolari, prima ogni venti minuti, poi ogni quarto d’ora e di lì ogni dieci e cinque minuti. Quindi, secondo questo paragone, carestie e terremoti sono destinati a diventare sempre più frequenti fino al tempo della fine e costituiscono “solo l’inizio dei dolori” alla luce di quanto avverrà nella “gran tribolazione” in cui la sopravvivenza fisica e psicologica delle persone sarà praticamente impossibile a meno di donarsi ciecamente al sistema politico religioso messo in atto dalla Bestia e dal falso profeta; è in pratica ciò di cui parlano (anche) il verso 9 e 10, “Allora vi abbandoneranno alla tribolazione e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome. Molti ne resteranno scandalizzati e si tradiranno e odieranno a vicenda”, che analizzeremo prossimamente.
Per trovare il terremoto più importante della storia occorre ancora una volta recarsi alla visione dei sigilli in Apocalisse 6, in particolare il quinto e il sesto, assolutamente connessi fra loro. Leggiamo: “Quando l’Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l’altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che avevano reso. E gridarono a gran voce: «Fino a quando, Sovrano, tu che sei santo e veritiero, non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue contro gli abitanti della terra?». Allora venne data a ciascuno di loro una veste candida e fu detto loro di pazientare ancora un poco, finché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli, che dovevano essere uccisi come loro”. (6.9-11).
Qui non si parla di terremoti, ma il quinto sigillo, che citiamo spesso, è la premessa che porta al sesto. Il quinto sigillo descrive “le anime” dei giusti e santi che, vissuti in epoche diverse, hanno subìto il martirio a causa della loro fede, nelle innumerevoli persecuzioni che i cristiani hanno avuto, molte delle quali taciute e sminuite soprattutto quando avvengono nella nostra epoca. Ebbene, questi a un certo punto chiedono giustizia non per spirito di vendetta, ma proprio perché, così come loro sono stati ricompensati essendo alla presenza di Dio, anche quelli che li hanno uccisi abbiano la propria retribuzione. È però una richiesta non destinata ad un immediato accoglimento perché esso sarebbe stato possibile solo quando fosse stato completato “…il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli, che dovevano essere uccisi come loro”. Chi sono, se la Chiesa è già stata rapita? Sono quanti non si saranno convertiti per la predicazione di essa, ma dopo, poiché la Bibbia come libro rimarrà a testimoniare e vi sarà ancora chi potrà accettare il Vangelo, ma passando attraverso la “gran tribolazione” di cui Gesù dà un cenno ai versi 9 e 10 di Matteo 24, “Allora vi abbandoneranno alla tribolazione e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome. Molti ne saranno scandalizzati, e si tradiranno e odieranno a vicenda”. Sembra, tolto il significato spirituale, quanto avveniva nel regime della DDR, per citare il primo che mi viene in mente, in cui non era tollerata una adesione non totale al regime di Erich Honecker. Lo stesso sta avvenendo con la NATO e l’Europa, anch’essa intenta a schiavizzare qualunque Paese non si allinei ai deliri del suo Parlamento.
Il terremoto finale verrà col sesto sigillo: “E vidi, quando l’Agnello aprì il sesto sigillo, e vi fu un violento terremoto. Il sole divenne nero come un sacco di crine, la luna diventò tutta simile a sangue, le stelle del cielo si abbatterono sopra la terra, come un albero di fichi, sbattuto dalla bufera, lascia cadere i frutti non ancora maturi. Il cielo si ritirò come un rotolo che si avvolge, e tutti i monti e le isole furono smossi dal loro posto. Allora i re della terra e i grandi e i comandanti, i ricchi e potenti, e infine ogni uomo, schiavo o libero, si nascosero tutti nelle caverne e fra le rupi dei monti, e dicevano ai monti e alle rupi: «Cadete sopra di noi e nascondeteci dalla faccia di Colui che siede sul trono e dall’ora dell’Agnello, perché è venuto il grande giorno della loro ira, e chi può resistervi?» ( vv. 12-17).
Ora questo sigillo rappresenta un punto molto importante perché è chiaramente di non ritorno, ma se lo prendessimo esclusivamente in forma letterale commetteremmo un errore, per quanto si tratti di fenomeni destinati a verificarsi, ma non subito. L’apostolo Pietro scrive infatti “Il giorno del Signore verrà come un ladro: in quel giorno i cieli passeranno stridendo, gli elementi infiammati si dissolveranno, la terra e le opere che sono in essa saranno bruciate” (2 Pietro 3.10).
Il sesto sigillo presenta un arco di tempo molto lungo che parte dal momento in cui tutti gli equilibri morali su cui si è sempre fondata la società civile saranno rimossi e credo sia questo un primo significato del “violento terremoto”, del sole che diventa “nero come un sacco di crine” e della perdita di tutti gli altri punti di riferimento, come la luna, le stelle, il cielo, i monti e le isole “smossi dal loro posto”.
È questa un’interpretazione su ciò che avverrà prima rispetto al terremoto finale e gli elementi ad esso collegati descritti nell’Apocalisse si verificheranno, dove per “stelle” dobbiamo intendere probabilmente dei meteoriti. Lì, l’affermazione di Gesù “I cieli e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”, troveranno finalmente il loro presente assoluto.
Vale comunque la realtà incrollabile descritta dall’autore della lettera agli Ebrei in 12.25-29: “Guardatevi bene dal rifiutare Colui che parla, perché se questi – gli israeliti che non seguirono i comandamenti di Dio dati loro da Mosè – non trovarono scampo per aver rifiutato colui che proferiva oracoli sulla terra, a maggior ragione non troveremo scampo noi, se volteremo le spalle a colui che parla dai cieli. La sua voce un giorno scosse la terra, adesso invece ha fatto questa promessa: Ancora una volta scuoterò non solo la terra, ma anche il cielo. Quando dice ancora una volta, vuole indicare che le cose scosse, in quanto create, sono destinate a passare, mentre rimarranno intatte quelle che non subiscono scosse. Perciò noi, che possediamo un regno incrollabile, conserviamo questa grazia, mediante la quale rendiamo culto in maniera gradita a Dio con riverenza e timore; perché il nostro Dio è un fuoco divorante”.
“Le cose scosse” è un riferimento al monte sul quale Mosè fu chiamato a salire, quando leggiamo che “Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco, e ne saliva il fumo come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto” (Esodo 19.18).
Concludendo questa quinta parte del sermone profetico, Gesù fornisce agli apostoli, e a tutti i credenti che avrebbero operato dopo di loro indipendentemente dal dono ricevuto e del posto occupato nella Chiesa, gli elementi per poter discernere i segni della Sua venuta. Non possiamo interpretare in senso univoco le queste Sue parole, ma discernere in essa una progressione fino a quando non verrà posta fine all’Universo perfetto da Lui creato, ma irrimediabilmente compromesso dal peccato dell’uomo.
Possiamo infine citare la visione di Giovanni: “E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo” (Apocalisse 21. 1,2). Amen.
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