14.07 – IL RITORNO DI ISRAELE III/IV (Zaccaria 12)

14.07 – Il ritorno di Israele III/IV (Zaccaria 14)

 

 

Prima di affrontare parte del capitolo 14, va ricordato che la narrazione per quadri, o visioni, dà indicazioni di ciò che avverrà nel futuro in modo tale da essere riconosciuto dai diretti interessati alla luce della Scrittura. A chi legge quanto scritto da Zaccaria senza vivere quel tempo specifico, verrà data quindi un’informativa generica nell’attesa che venga rivelata, concretata e identificata quando gli eventi promessi si verificheranno realmente. Credo che, trattandosi di episodi che riguardano la Chiesa che vive dopo il rapimento, vadano affrontati senza la pretesa di porli in un’esatta successione temporale. Certo, il capitolo 14 si raccorda e amplia di molto non solo ciò che è stato scritto nel 12, ma anche rende più chiare le parole di Gesù quando disse “Non mi vedrete finché diciate: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore»”.

 

1Ecco, viene un giorno per il Signore, allora le tue spoglie saranno spartite in mezzo a te. 2Il Signore radunerà tutte le nazioni contro Gerusalemme per la battaglia, la città sarà presa, le case saccheggiate, le donne violentate, metà della città partirà per l’esilio, ma il resto del popolo non sarà strappato dalla città.

 

Vediamo che ancora una volta il termine “giorno” è quanto mai differente dal nostro. Se come credo si tratta dello stesso del capitolo 12, potremmo ipotizzare che vi sia contraddizione fra l’intervento di Dio sui nemici di Israele e Gerusalemme assalita e presa dalle nazioni, ma non è così perché questi versi anticipano gli altri del 12. È importante sottolineare che si tratta di una situazione temporanea, perché seguirà presto l’intervento di Dio visto in una nuova opera del Figlio:

 

3Il Signore uscirà e combatterà contro quelle nazioni, come quando combatté nel giorno dello scontro 4In quel giorno i suoi piedi si poseranno sopra il monte degli Ulivi che sta di fronte a Gerusalemme verso oriente, e il monte degli ulivi si fenderà in due, da oriente a occidente, formando una valle molto profonda, una metà del monte si ritirerà verso settentrione e l’altra verso mezzogiorno.

 

Il terzo verso contiene dei riferimenti molto interessanti perché quando viene detto “Il Signore uscirà” si intende sempre annunciare un Suo intervento in giudizio su qualcuno (quindi sconfitta ed eliminazione), a protezione di altri. E qui possiamo andare a 2 Tessalonicesi 2.3-12 quando l’apostolo Paolo parla degli ultimi tempi e dà una cronologia impossibile da fraintendersi: “Nessuno vi inganni in alcun modo! – perché i falsi profeti sono ovunque – Prima infatti verrà l’apostasia – cioè l’abbandono della fede come scelta responsabile e l’abbraccio di un credo diverso che vedrà l’uomo al posto di Dio – e si rivelerà l’uomo dell’iniquità, il figlio della perdizione, l’avversario – quindi l’anticristo, Satana in forma umana – colui che s’innalza sopra ogni essere chiamato e adorato come dio, fino a insediarsi nel tempio di Dio, pretendendo di essere Dio – cioè si mette al di sopra di chiunque ha posizioni di potere molto forti come Capi di Stato o del mondo finanziario o anche solo di forte influenza sugli altri, e creerà una religione basata sul sociale e l’apparente libertà individuale, Costui diventerà la suprema autorità religiosa all’interno di una chiesa che sarà solo nominale e dalla quale verrà riverito –. Non ricordate che, quando ancora ero tra voi, io vi dicevo queste cose? E ora voi sapete che cosa lo trattiene perché non si manifesti se non nel suo tempo – la volontà di Dio –. Il mistero dell’iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo colui che lo trattiene – qualcuno che per un certo tempo gli impedirà di operare pienamente per la rovina dell’umanità apostata –. Allora l’empio sarà rivelato e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà con lo splendore della sua venuta”. Da notare Apocalisse 17.14, “Essi combatteranno contro l’Agnello, ma l’Agnello li vincerà, perché è il Signore dei signori e il Re dei re; quelli che stanno con lui sono i chiamati, gli eletti e i fedeli”.

 

Il “giorno dello scontro”, o “della battaglia” si riferisce a quella di Madian, sotto Gedeone, che non vide la vittoria di un esercito contro un altro, ma fu molto simile a ciò che à destinato ad accadere. Leggiamo infatti: “…il Signore fece volgere la spada di ciascuno contro il compagno, per tutto l’accampamento” dell’esercito dei Madianiti che avrebbero dovuto combattere contro gli Israeliti. Al riguardo, teniamo presente le importanti parole di Zaccaria 14.12 che si connettono anche a quelle del capitolo 12 (“Colpirò tutti i cavalli di terrore e i loro cavalieri di pazzia”): “Questa sarà la piaga con cui il Signore colpirà tutti i popoli che avranno mosso guerra a Gerusalemme: Imputridiranno le loro carni, mentre saranno ancora in piedi; i loro occhi marciranno nelle orbite e la lingua marcirà loro in bocca. In quel giorno vi sarà, per opera del Signore, un grande tumulto fra loro: uno afferrerà la mano dell’altro e alzerà la mano sopra la mano del suo amico” (14.12,13).

Il verso 4 ha connessione col ritorno di Gesù, che verrà visto da tutti realizzando le parole “riguarderanno a me, colui che hanno trafitto” e relativo cordoglio di cui abbiamo già parlato mentre la sua seconda parte, partendo dalla descrizione essenziale dell’evento, riporta chiaramente una manifestazione che darà origine, come ha scritto qualcuno, “a mutamenti climatici, cosmici e astronomici”. Anche qui, credo siano ipotesi su cui lavorare, ma a cui difficilmente si potrà giungere ad una interpretazione univoca. Isaia 30.26 riporta “La luce della luna sarà come la luce del sole e la luce del sole sarà sette volte di più, come la luce di sette giorni, quando il Signore curerà la piaga del suo popolo e guarirà le lividure prodotte dalle percosse”.

Quello che credo sia importante è il fatto che “il Signore poserà i suoi piedi sopra il monte degli ulivi”, cioè arriverà e si fermerà per operare, quindi abbiamo la personalizzazione della stabilità e dell’attuazione del Suo piano. Farà quello che ha promesso, quindi anticipato, annunciato agli uomini perché potessero/possano salvarsi.

E anche qui possiamo connetterci ad Apocalisse 19.11-21: “Poi vidi il cielo aperto ed ecco apparire un cavallo bianco. Colui che lo cavalcava si chiama Fedele e Veritiero; perché giudica e combatte con giustizia. I suoi occhi erano una fiamma di fuoco, sul suo capo vi erano molti diademi e portava scritto un nome che nessuno conosce fuorché lui. Era vestito di una veste tinta di sangue e il suo nome è la Parola di Dio. Gli eserciti che sono nel cielo lo seguivano sopra cavalli bianchi ed erano vestiti di lino fino bianco e puro. Dalla bocca gli usciva una spada affilata per colpire le nazioni; ed egli le governerà con una verga di ferro e pigerà il tino del vino dell’ira ardente del Dio onnipotente. E sulla veste e sulla coscia porta scritto questo nome: Re dei re e Signore dei signori. Poi vidi un angelo che stava in piedi nel sole. Egli gridò a gran voce a tutti gli uccelli che volano in mezzo al cielo: «Venite! Radunatevi per il gran banchetto di Dio; per mangiare carne di re, di capitani, di prodi, di cavalli e di cavalieri, di uomini d’ogni sorta, liberi e schiavi, piccoli e grandi». E vidi la bestia e i re della terra e i loro eserciti radunati per far guerra a colui che era sul cavallo e al suo esercito. Ma la bestia fu presa e con lei fu preso il falso profeta che aveva fatto prodigi davanti a lei, con i quali aveva sedotto quelli che avevano preso il marchio della bestia e quelli che adoravano la sua immagine. Tutti e due furono gettati vivi nello stagno ardente di fuoco e di zolfo. Il rimanente fu ucciso con la spada che usciva dalla bocca di colui che era sul cavallo e tutti gli uccelli si saziarono delle loro carni”.

 

Ora, sul testo su cui stiamo riflettendo, non può sfuggire il particolare del monte degli Ulivi: perché proprio lui? Ricordiamo che fu un luogo caro a Gesù: fu lì che parlò ai discepoli degli avvenimenti che si sarebbero realizzati in un futuro tanto prossimo quanto remoto (Matteo 24.4 e segg.). Dopo l’ultima cena, fu là che si diressero (Matteo 26.30); là si trovava il Getsemani (v.36). In quel luogo avvenne l’episodio in cui sudò sangue, fu arrestato, ma soprattutto, particolare che non sempre viene tenuto a mente, dal monte degli Ulivi salì al cielo; ricordiamo che, una volta asceso, “Essi – i discepoli – stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo. Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in giorno di sabato” (Atti 1.10-12).

Da dove quindi il Figlio partì per i territori del Padre, tornerà per dare corso al giudizio finale e a tutti quegli eventi che lo precederanno.

 

5Allora voi fuggirete attraverso la valle fra i monti, perché la nuova valle fra i monti giungerà fino ad Asal; voi fuggirete come quando fuggiste durante il terremoto, al tempo di Ozia, re di Giuda. Verrà allora il Signore mio Dio, e con lui tutti i suoi santi.

 

Punto particolarmente arduo da risolvere è il “terremoto al tempo di Ozia, re di Giuda”. Unica traccia, a parte quella del nostro passo, è la citazione di Amos 1.1 che scrive “Parole di Amos, che era allevatore di pecore, di Tekòa, il quale ebbe visioni riguardo a Israele, al tempo di Ozia, re di Giuda, e al tempo di Geroboamo, figlio di Ioas, re d’Israele, due anni prima del terremoto”.

La frase “Verrà allora il Signore mio Dio, con tutti i suoi santi”, è illuminante in quanto allude all’imminenza, questa volta anche temporale, del giudizio sul mondo al quale parteciperanno i credenti di ogni popolo e lingua, oltre a comprendere quanto letto in Apocalisse 19. Una traduzione più preferibile riporta “…e tutti i santi saranno con te”, a sottolineare la contemplazione del profeta e la distanza accorciata stante il senso di appartenenza molto più marcato di quel “con te” rispetto a “con lui”.

Il Signore Dio è qui descritto nell’atto dell’arrivare nel luogo da tanto promesso ed è anche segno dell’esaudimento di quella preghiera dei “santi” visti e ascoltati dall’apostolo Giovanni in Apocalisse 6.9-11: “Quando l’Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l’altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano reso. E gridarono a gran voce: «Fino a quando, Sovrano, tu che sei santo e veritiero, non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue contro gli abitanti della terra?». Allora venne data a ciascuno di loro una veste candida e fu detto loro di pazientare ancora un poco, finché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli, che dovevano essere uccisi come loro”. Ecco, il ritorno del Figlio “con tutti i suoi santi” sarà anche l’esaudimento di questa preghiera.

Così scrive Paolo nella seconda lettera ai Tessalonicesi: “È proprio della giustizia di Dio ricambiare con afflizioni coloro che vi affliggono e a voi, che siete afflitti – per le persecuzioni – dare sollievo insieme a noi, quando si manifesterà il Signore Gesù dal cielo, insieme agli angeli della sua potenza, con fuoco ardente, per punire quelli che non riconoscono Dio e quelli che non obbediscono al vangelo del Signore nostro Gesù. Essi saranno castigati con una rovina eterna, lontano dal volto del Signore e dalla sua gloriosa potenza. In quel giorno – appunto quello del Signore – egli verrà per essere glorificato nei suoi santi ed essere riconosciuto mirabile da tutti quelli che avranno creduto” (1.5-10).

Al prossimo studio il finire questa panoramica su una parte degli avvenimenti destinati a verificarsi col ritorno del Figlio di Dio in giudizio.

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14.05 – IL RITORNO DI ISRAELE I/IV (Zaccaria 12)

14.05 – Il ritorno di Israele I/IV (Zaccaria 12)

 

Con questo studio entriamo in un ambito molto particolare, quello che riguarda eventi che non interessano la Chiesa del tempo in cui viviamo e, anzi, riguardano essenzialmente il popolo d’Israele. Se il capitolo 12 di Zaccaria trova spazio in questa raccolta, è perché ha connessione con la parte finale di Luca 13.35 “Vi dico infatti che non mi vedrete, finché verrà il tempo in cui direte: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore»”.   

            Ora vi è un altro elemento da considerare e cioè che, in uno studio su profezie che riguardano avvenimenti futuri, occorre sempre guardarsi dal pericolo di facili sensazionalismi, del soddisfare quella curiosità naturale che si impossessa facilmente di chiunque sente parlare di eventi che devono ancora accadere. Non a caso si trovano in commercio molti libri che promettono rivelazioni sensazionali sul futuro, non necessariamente riferentesi al libro dell’Apocalisse, scritti pseudo spirituali come “la profezia di Celestino”, quelle di Nostradamus e molti altri.

Penso che, a meno di una rivelazione specifica dello Spirito di Dio, occorra attenersi al testo e svilupparlo aderendo il più possibile ad esso tenendo presente che allo stesso Giovanni venne ordinato di non scrivere alcuni eventi di cui fu testimone: “Dopo che i sette tuoni ebbero fatto udire la loro voce, io ero pronto a scrivere, quando udii una voce dal cielo che diceva: «Metti sotto sigillo quello che hanno detto i sette tuoni e non scriverlo»” (Apocalisse 10.14). In altri termini, occorre parlare di eventi futuri solo se esiste la certezza di affrontare fatti veramente destinati ad accadere nella giusta collocazione temporale e solo se inquadrati sotto la prospettiva dell’altrui edificazione.

Il libro di Zaccaria si divide in due parti: la prima, dai capp. 1 a 8, riguarda l’attività del profeta a Gerusalemme dal 520 al 518 circa. Si tratta di otto visioni in cui Zaccaria annuncia ai suoi contemporanei che la loro speranza non è stata vana e il Tempio verrà ricostruito per accogliere il Signore che verrà a stabilire il suo regno. La seconda, capp. 9 – 14, scritta da un altro uomo di Dio, è posteriore di due secoli e sposta l’asse profetico agli ultimi tempi, quando Israele verrà assalito dalle nazioni e verrà salvato da Dio, come vedremo, con un intervento diretto del Figlio. È quindi il tempo di cui ha parlato l’apostolo Paolo, senza scendere nei dettagli, nella lettera ai Romani che abbiamo citato nello studio precedente.

Il capitolo 12 riguarda una parte di quegli avvenimenti, in particolare quelli attinenti alle parole di Gesù “Vi dico che non mi vedrete, finché direte «Benedetto colui che viene nel nome del Signore»”. Il testo che utilizzeremo non sarà quello della CEI come abitualmente, ma della Bibbia di Gerusalemme.

 

1 Oracolo. Parola del Signore su Israele. Oracolo del Signore che ha dispiegato i cieli e fondato la terra, che ha formato il soffio vitale nell’intimo dell’uomo”.

 

Come in tutti i passi profetici che riguardano gli avvenimenti futuri, abbiamo sempre una presentazione che non è mai dell’autore tecnico del libro, cioè il profeta che, tanto negli scritti dell’Antico che del Nuovo patto, precisa sempre quando ciò che scrive è parola di Dio o opinione sua. In questo primo verso la prima parola è “Oracolo”, cioè “responso” e, per non lasciare subbi sulla sua provenienza perché anche i pagani o le divinità estranee avevano i loro, lo Spirito ha lasciato le credenziali di chi parla: ciò che seguirà è la “Parola del Signore su Israele”, quindi non su altri, e per non lasciare alcun dubbio viene detto che a parlare è lo stesso “Signore che ha dispiegato i cieli e fondato la terra”.

Notiamo la singolarità del verbo, “dispiegato”, non “creato” cioè aggiunge un dato a Genesi 1.1 quando leggiamo “In principio Iddio creò il cielo e la terra”: se qui la descrizione della creazione riguarda l’ambiente in cui l’uomo vive, Zaccaria si fa tramite di una descrizione più ampia dell’atto creativo di Dio che prima ha “dispiegato i cieli”, cioè ha dato inizio all’espansione dell’Universo, ha ordinato gli spazi dei sistemi stellari e solo allora ha “fondato la terra”, quando cioè poteva esistere, al pari degli altri, come pianeta, questa volta abitabile. E ci sono voluti milioni e milioni di anni, e l’espansione dell’Universo la Scienza ci dice sia ancora in corso.

Se le fondamenta sono le strutture portanti di un edificio e garantiscono che questo possa sussistere nel tempo, “fondato la terra” significa porla nelle condizioni di esistere fino a quando il Creatore non ne decreterà la fine coi “nuovi cieli e nuova terra dove dimora stabile la giustizia”. E se tutti parlano di “Big bang”, molti meno di “Big crunch”, cioè la certa implosione del creato.

Altro modo che ha di presentarsi il Signore è come Colui “che ha formato il soffio vitale nell’intimo dell’uomo”, cioè l’autore non solo della vita materiale come per tutti gli animali, ma del fatto che l’uomo è persona, individuo unico, in grado di determinare il proprio destino tramite il libero arbitrio. Il “soffio vitale” sappiamo che fu l’unico elemento che rese possibile che l’essere umano diventasse “anima vivente” – ricordiamo “Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere dal suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne anima vivente” –, che altri traducono, attenuando il concetto, con “essere vivente”.

Stupendo è in proposito per noi il parallelo con Giovanni 20.22 quando, risorto, Gesù disse ai Suoi “«Pace a voi!». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo»”.

Questo “soffio vitale” in Genesi è stato “formato nell’intimo dell’uomo” cioè in quella regione più personale e nascosta, il cervello e quindi la mente, che solo Dio è in grado di vagliare e conoscere nel profondo nonostante la conoscenza, limitata comunque, della psicologia, psicanalisi e altre forme. Presentandosi come il responsabile del creato e del fatto che l’uomo sia un individuo a parte tra gli esseri viventi perché dotato di anima, JHWH anticipa che quanto verrà proclamato si tratta di eventi che si verificheranno inevitabilmente nei tempi da lui decretati.

 

2Ecco, io farò di Gerusalemme come una coppa che dà le vertigini a tutti i popoli vicini, e anche Giuda sarà in angoscia nell’assedio di Gerusalemme. 3In quel giorno io farò di Gerusalemme come una pietra pesante per tutti i popoli: quanti vorranno sollevarla ne resteranno graffiati; contro di essa si raduneranno tutte le nazioni della terra.

 

Il verso 2 dà tre elementi degni di nota: Gerusalemme, la città che più di altre è il simbolo dell’ebraismo e capitale dello Stato di Israele, diventerà “come una coppa che dà le vertigini a tutti i popoli vicini”: la parola chiave del verso è “vertigini”, che sono sinonimo di mancanza di equilibrio. Chi ne soffre ha la sensazione di un movimento rotatorio o di sbandamento e non riesce a percorrere nessuna distanza. Gerusalemme qui dà questa sensazione dapprima “a tutti i popoli vicini”, ma poi a tutti gli altri indistintamente – la “pietra pesante per tutti i popoli” del verso 3 – ed è facile per noi, che sono convinto viviamo davvero negli ultimi tempi, pensare alla Gerusalemme “ufficiale”, quella nata politicamente il 14 maggio 1948 quando Israele proclamò la sua indipendenza provocando la immediata reazione di Egitto, Giordania, Siria, Libano e Iraq innescando un conflitto che durò quindici mesi e che videro, da parte israeliana, circa seimila morti.

Tutto questo fu solo l’inizio: Israele iniziò a ingrandirsi perché ogni ebreo sparso nel mondo aveva diritto di cittadinanza e di ingresso nel territorio e si può dire che quello Stato passò di guerra in guerra per sussistere; ricordiamo tra le più importanti la guerra dei sei giorni (1967), la guerra d’attrito dell’Egitto, quella del Kippur (1963) con Egitto e Siria e tutti i conflitti con l’OLP dal 1982 e, per gli anni 2000, la seconda guerra del Libano, l’operazione a Gaza del 2008. Certo sono dati molto essenziali, ma credo sufficienti ad aiutare a comprendere il concetto di “coppa che dà le vertigini a tutti i popoli vicini”. Neppure quanto sta accadendo attualmente a Gaza (ottobre 2023) è un caso.

Dalla seconda metà del verso 2 e per tutto il successivo, però, andiamo in un tempo ancora a venire perché “Gerusalemme”, quindi Israele come Stato, diventerà per volere di Dio “una pietra pesante per tutti i popoli”, cioè le decisioni militari e politiche da lei prese interferiranno coi piani delle altre nazioni al punto tale che una guerra sarà inevitabile; una guerra di proporzioni enormi perché “contro di essa si raduneranno tutte le nazioni della terra”. L’impossibilità delle relazioni diplomatiche con Israele è descritta con la figura della pietra pesante che causa lesioni a “quanti vorranno sollevarla”, qui citazione di un gioco piuttosto pericoloso in voga al tempo in cui viveva l’autore del passo, che consisteva nel fare sollevamento pesi utilizzando appunto una grossa pietra tonda che, nel caso in cui venissero a mancare le forze a chi gareggiava, poteva provocare traumi molto seri. Possiamo ricordare, anche se con significato diverso, Matteo 21.44, “Chi cadrà sopra questa pietra si sfracellerà, e colui sul quale essa cadrà, verrà stritolato”, in il riferimento è alla pietra angolare scartata dai costruttori, ma anche a quella grossa e pesante che, se non sollevata correttamente, può fare molto male a chi la vorrebbe utilizzare.

 

4In quel giorno, oracolo del Signore, colpirò tutti i cavalli di terrore e i loro cavalieri di pazzia, mentre sulla casa di Giuda terrò aperti i miei occhi, colpirò di cecità tutti i cavalli dei popoli.

 

“Cavalli”, “cavalieri”, “terrore”, “pazzia” e “cecità” sono termini da adattare al tempo in cui si verificheranno gli avvenimenti descritti al verso quarto: ci aiuta a comprendere il senso Salmo 76.5-8, “Furono spogliati i valorosi, furono colti dal sonno, nessun prode ritrovava la sua mano. Dio di Giacobbe, alla tua minaccia si paralizzano carri e cavalli. Tu sei davvero terribile; chi ti resiste quando si scatena la tua ira?”.

Tutti gli elementi citati da Zaccaria in questo verso si rifanno ad armi moderne, che Giovanni descriverà nel libro dell’Apocalisse col linguaggio che poteva utilizzare un uomo del suo tempo: i rimanenti termini, “terrore”, “pazzia” e “cecità”, credo siano un riferimento alla loro disattivazione nell’elettronica e nei sistemi di trasmissione; pensiamo a cosa vuol dire, ad esempio, restare senza la strumentazione GPS militare, senza i satelliti per le comunicazioni e il rilevamento, senza i radar. Armi non solo inutilizzabili, ma anche estremamente vulnerabili non solo quanto ad esse, ma soprattutto relativamente ai territori che avrebbero dovuto difendere.

Sì, ma qual è il significato di “In quel giorno”? Si tratta un momento unico, programmato dalla fondazione del mondo, che rientra nell’enunciato di Gesù in Matteo 24.36 “Quanto a quel giorno e a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli del cielo né il Figlio, ma solo il Padre” in quanto Creatore non solo dell’Universo, ma artefice del Piano di redenzione dell’uomo. Perché si realizzino le parole dell’apostolo Paolo che abbiamo letto, “allora tutto Israele sarà salvato”, occorrerà attendere proprio “quel giorno”, quello ultimo, quando una volta liberato Satana dopo il Millennio, scatenerà tutte le Nazioni contro Gerusalemme.

Leggiamo infatti: “Quando i mille anni saranno compiuti, Satana verrà liberato dal suo carcere e uscirà per sedurre le nazioni che stanno ai quattro angoli della terra, Gog e Magòg – popoli nemici di Israele –, e radunarle per la guerra; il loro numero è come la sabbia del mare. Salirono fino alla superficie della terra e assediarono l’accampamento dei santi e la città amata. Ma un fuoco scese dal cielo e li divorò” (Apocalisse 20.7-9).

Da notare, infine, il contrasto fra gli “occhi” di Dio, che li terrà “aperti sulla casa di Giuda”, e quelli dei suoi nemici, che avranno i loro “cavalli” colpiti di “cecità”.

Ecco, credo fortemente che Giovanni, scrivendo del “fuoco”, volutamente salta la parte di Zaccaria relativa alle manifestazioni dell’intervento del Cristo, che vedremo nella prossima parte.

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