5.19: SETTIMO, NON COMMETTERE ADULTERIO V (Matteo 5.27-32)

5.19 – Settimo, non commettere adulterio V (Matteo 5.27-32)

27Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio.28Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. 29Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. 30E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna. 31Fu pure detto: «Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio». 32Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio”.

Abbiamo concluso la quarta riflessione citando la necessità di un progetto, termine che per la serietà che implica richiama il piano di costruzione di una casa, di un ponte o di qualsiasi altra struttura atta a servire a uno scopo. Allo stadio progettuale non si può lasciare nulla all’improvvisazione, ma bisogna tenere presente il tipo di terreno su cui si costruisce e tutti i materiali che comporranno l’opera da terminare. Progettare, a parte la creatività utilizzata per rendere gradevole la struttura e il suo interno, richiede calcoli continui che non possono essere errati, pena il fallimento.  L’accostamento alla parabola della casa costruita sulla sabbia o sulla roccia, nonostante abbia un significato primario diverso, può comunque aiutarci: un uomo costruisce sulla roccia e leggiamo “Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia”; un altro invece costruì sulla sabbia: “Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande” (Matteo 7.24-29).

La parabola si riferisce a chi ascolta e mette in pratica le parole di Gesù, ma se prendiamo l’importanza del costruire, la roccia è il simbolo di una scelta accurata e la sabbia a ciò che non è, né può essere, stabile. E la roccia, nel caso del matrimonio, è sinonimo di compatibilità, di affinità e comunione di intenti. Costruire un matrimonio “su Cristo” è un ragionare troppo generico ed equivale a sostenere che le affinità tra le parti non siano importanti perché “tanto c’è Lui”. Chi ha costruito la prima casa della parabola, ha vagliato prima di tutto il tipo di roccia e la sua consistenza, chi ha edificato la seconda ha pensato solo a una base generica, la più facile e immediata, sottovalutando evidentemente il problema. In tre parole, non ha ragionato come avrebbe dovuto, secondo razionalità.

Questo esempio dovrebbe dire molto a quei cristiani che pensano, con un pensiero molto primitivo che ho sentito più volte, che se due persone sono credenti, è impossibile che abbiano dei problemi nella vita e quindi nel matrimonio. Al contrario, per costruire una casa, dal progetto al prodotto finito, ci vogliono persone specializzate. Anche prima del matrimonio gli eventuali, futuri coniugi, sono chiamati a vagliarsi, possibilmente affrontando anche degli esami specifici sulla compatibilità matrimoniale anziché far leva sul semplice innamoramento, causa spesso di rovina e non di costruzione. Possiamo citare l’episodio di Amnon e Tamar che troviamo in 2 Samuele 13: “Amnon si appassionò a tal punto di Tamar, sua sorella, da diventarne malato”(v.2), ma dopo alcune vicissitudini e la sua strategia per unirsi a lei, leggiamo “Ma egli non volle darle ascolto e, essendo più forte di lei, la violentò e si unì a lei. Poi Amnon ebbe verso di lei un odio fortissimo, a tal punto che l’odio per lei fu maggiore dell’amore di cui l’aveva amata prima”(vv.14,15).

Tralasciamo il fatto che l’unione partiva in modo clamorosamente errato perché si basava sull’incesto e guardiamo le dinamiche: si passa da una passione incontenibile – per quanto a senso unico – al punto da provocare una malattia nell’interessato e poi, una volta raggiunto lo scopo, all’odio. Così può accadere quando la passione, o l’innamoramento, trova le sue origini nell’aspetto esteriore o comunque in ciò che appare della persona oggetto di attenzioni: questa piace e non si sa perché, anche se in realtà si vogliono vedere solo i suoi lati gradevoli, non c’è nulla di ragionato o responsabile in questo. È istinto. È innamoramento. È vedere la persona per quello che vorremmo sia, non per quello che è. Passa.

Studi sull’amore di coppia furono sviluppati da Robert Steinberg che lo suddivise in sette tipologie, e cioè:

 

Simpatia(solo intimità): connotata da confidenza, calore, tipica dei rapporti di amicizia;

Infatuazione(solo passione): caratteristica dell’amorea prima vista, con l’idealizzazione dell’altro;
Amore vuoto(solo decisione-impegno): amore stagnante, routinario, senza dialogo. Può essere l’evoluzione di matrimoni che durano da molto tempo dove si resta insieme solo per il vincolo coniugale;
Amore romantico(intimità + passione): rimanda alle grandi storie d’amoreletterarie o alle avventure estive, con la presenza di vicinanza e attrazione, ma senza progettualità;
Amore fatuo(passione + impegno): si è travolti dalla passione ma alla base non c’è la conoscenza emotiva profonda. È proprio delle relazioni in cui ci si sposa poco dopo essersi conosciuti, sull’onda della sola attrazione;

Amore amicizia(intimità + decisione-impegno): si ritrova nei rapporti di lunga durata, dove la passione si è spenta ma resta la condivisione;

Amore vissuto(intimità + passione + decisione-impegno): è l’amorecompleto, è difficile farne esperienza e, soprattutto, mantenerlo.

 

Credo che sia importante che le persone conoscano questi aspetti e siano chiamate a interrogarsi dai pastori, anziani o sacerdoti impegnati soprattutto sui giovani.

Tornando ai testi della Scrittura, possiamo citare due massime tratte dal libro dei Proverbi che, se possono far sorridere, nascondono verità molto amare: la prima è “Meglio abitare nell’angolo di un tetto, che in comoda casa con moglie rissosa” (21.9), la seconda “Una donna bella, ma senza giudizio, è un anello d’oro nel grugno di un porco” (11.22). Qui abbiamo due esempi drammatici: la “moglie rissosa”, cioè persona dal temperamento litigioso, naturalmente attaccabrighe, è una persona che non dà tregua perché trae soddisfazione nella lite e non nella pace che raggiunge unicamente quanto tutto quanto si aspetta egoisticamente procede secondo le proprie aspettative. In genere le persone di questo tipo, in cui chiaramente rientrano anche gli uomini, sono sempre rozze nelle loro manifestazioni tanto nel dolore quanto nella gioia, si entusiasmano o si disperano solo di fronte ad eventi “forti”. Il “rissoso” non ha alcun rispetto per gli altri e a motivo del suo carattere imprevedibile e disturbante, difficilmente riesce ad avere legami duraturi di qualunque tipo. La “donna bella, ma senza giudizio” è l’opposto della categoria precedente. Qui per “giudizio” non si fa riferimento all’intelligenza, ma al discernimento, alla capacità di distinguere: il bene dal male, la dignità dalla vergogna, il decente dall’indecente, il bello dal brutto, l’utile dall’inutile, il morale dall’immorale. La bellezza fa da opposto a ciò che nasconde, cioè il nulla. La persona di questo tipo fonda tutta la sua vita sull’apparenza e ogni sua azione si basa sull’esteriorità. È incapace di qualsiasi sentimento profondo e la sua capacità di inserimento in un ambiente dipende dal grado con cui è accettata e soprattutto ammirata dal suo prossimo che, comunque, tratta con sufficienza vedendolo come strumento per le proprie realizzazioni.

Al contrario vediamo raffigurata un’unione importante in Proverbi 31.10-27 in cui è descritta la donna “operosa” secondo il concetto – si badi bene – di allora: “Una donna forte, chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore. In lei confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto. Gli dà felicità e non dispiacere tutti i giorni della sua vita. Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani. È simile alle navi di un mercante, fa venire da lontano le provviste. Si alza quando ancora è notte, distribuisce il cibo alla sua famiglia e dà ordini alle sue domestiche. Pensa a un campo e lo acquista e con il frutto delle sue mani pianta una vigna. Si cinge forte i fianchi e rafforza le sue braccia. È soddisfatta perché i suoi affari vanno bene; neppure di notte si spegne la sua lampada. Stende la mano alla conocchia e le sue dita tengono il fuso. Apre le sue palme al misero, stende la mano al povero. Non teme la neve per la sua famiglia, perché tutti i suoi famigliari hanno doppio vestito. Si è procurata delle coperte, di lino e di porpora sono le sue vesti. Suo marito è stimato alle porte della città, quando siede in giudizio con gli anziani del luogo. (…) Apre la bocca con saggezza e la sua lingua ha solo insegnamenti di bontà. Sorveglia l’andamento della sua casa e non mangia il pane della pigrizia”.

Ecco, nonostante il testo proponga una visione della donna possibile solo nella società di un tempo antico, sono il carattere della persona desumibile dai termini utilizzati a venire posti in risalto: si parla di una donna di cui il marito si fida (e viceversa), che possiede un modo di essere fondato sulla continuità che gli garantisce la possibilità di gioire in lei. È una donna non spaventata dalla fatica, che quando non è impegnata nelle sue faccende pensa a soluzioni per migliorare la propria vita e di quanti le stanno intorno. È previdente a tal punto da aver preso in considerazione che un giorno possa nevicare, evento raro ma possibile per i territori in cui è collocato questo scritto. I risultati positivi che ottiene col suo lavoro la spronano a migliorarsi anziché pensare di aver fatto abbastanza. All’occorrenza, rinuncia al sonno pur di risolvere eventuali problemi e rifiuta tutto ciò che non è essenziale, come intrattenersi a spettegolare con altri. È un tipo generoso e compassionevole e il fatto che troviamo menzionato il marito “stimato alle porte della città” ci autorizza a pensare che si tratti di un matrimonio fra due persone fra loro compatibili per carattere.

Tutto questo rafforza ulteriormente l’idea del progetto cui accennavamo prima: l’uomo e la donna sono tenuti a considerare le caratteristiche caratteriali compatibili e a trovare una ragione precisa al loro stare insieme. Nell’idea della loro unione, è contemplata la possibilità di avere figli? Tanto l’uno quanto l’altra, hanno l’istinto genitoriale? C’è piena fiducia reciproca, o ci sono delle riserve? Come risponde l’uno rispetto all’altro di fronte a uno stress prolungato? C’è maturità affettiva, o esistono problemi irrisolti? Queste sono solo un esempio delle domande che ci si deve necessariamente porre; non dimentichiamoci che per ogni casa o costruzione esiste sempre il collaudo che viene effettuato verificando le conformità tra progetto teorico e opere realmente eseguite; controllando i metodi di calcolo strutturale e i risultati vengono riesaminate le prove sui campioni dei materiali ed infine si arriva alle prove di carico sui solai misurando eventuali deformazioni e pressioni. La stessa cosa, figurativamente parlando, la devono fare i due che desiderano coinvolgersi nel progetto matrimoniale, pena una fine indecorosa che vediamo nella frase “Se un regno è diviso in parti contrarie, non può sorreggersi” (Marco 3.24).

Appare chiaro che un’unione non può basarsi unicamente su un generico sentimento d’amore, ma deve avere delle solide fondamenta nelle persone stesse e nella volontà di costruire assieme un futuro che non contemplerà solo dei “bei momenti”, ma anche delle conflittualità da risolvere.

E torniamo ora all’inizio del nostro discorso, cioè l’informazione che la Chiesa deve dare ai suoi membri, in particolare ai giovani che arriveranno a un matrimonio. I due saranno una sola carne, raggiungeranno un primo traguardo, uno stato importante che non potrà più essere sciolto se vorranno davvero concretare l’ideale di Dio nella loro vita: parlar loro di diritti e doveri come se esistesse un manuale per la vita a due, non ha senso e offende l’intelligenza. Al contrario, metterli in guardia sulla serietà della loro scelta in modo molto più esteso di quanto non abbiamo fatto in questa sessione, può certamente far del bene ed evitare catastrofi anche perché ci possiamo chiedere quale validità possa avere un matrimonio realizzato senza consapevolezza o volontà, una scelta che la Scrittura ci autorizza a paragonare a quella di Cristo per la Chiesa.

Nelle Chiese cristiane, per lo meno in molte, purtroppo tutto ha preso il tono del pressapochismo o del manierismo: si danno consigli su come scegliere l’edificio in cui avrà luogo la cerimonia, su quali tipi di bomboniere concentrarsi, sui vestiti. Nelle Chiese evangeliche molto spesso tutto si risolve invitando un pastore considerato importante che, naturalmente, parlerà di matrimonio con un messaggio scontato cercando – solo allora – di responsabilizzare gli sposi quando hanno già fatto la loro scelta: ma che senso ha?

Se Nostro Signore parla a persone che avevano la possibilità di conoscere il valore del matrimonio e li illumina sull’essenza di questa istituzione, oggi c’è chi si è sposato senza essere consapevole e, nonostante la “sola carne”, non ha colpe perché nessuno, a differenza di ciò che avveniva in Israele, si è mai occupato di lui, di informarlo, di capirlo. Anzi, gli ha posto, anche senza volerlo, in mente delle convinzioni errate. Se la sola lettura o citazione del testo biblico fosse sufficiente a comprendere e discernere, Salomone non avrebbe mai chiesto a Dio un cuore intelligente per poter amministrare la giustizia e discernere il bene dal male: gli sarebbe bastato farsi un prontuario, un vademecum con tutti i casi previsti dalla Legge di Mosè e regolarsi di conseguenza. E guardate la risposta che ebbe: “Poiché tu hai domandato questo, e non hai chiesto per te lunga vita, né ricchezze, né la morte dei tuoi nemici, ma hai chiesto l’intelligenza per poter discernere ciò che è giusto, ecco, io faccio come tu hai detto; e ti do un cuore saggio e intelligente: nessuno è stato simile a te nel passato, e nessuno sarà simile a te in futuro” (1 Re 3.9-12). Ricordiamo suo padre Davide che, come abbiamo ricordato, mangiò i pani di presentazione e non fu ritenuto colpevole.

Forse i concetti esposti possono esser sembrati come ovvi, ma credetemi che non lo sono per tutti, quelli che magari sono cresciuti diversi dai molti. Credo che l’uomo, ogni uomo e donna credente, abbia dovere di chiedersi sempre il perché.

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