16.44 – Il giudizio finale I (Matteo 25,31)
31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria.
Strutturalmente, guardando all’impianto del sermone profetico, non poteva esservi conclusione migliore: i discepoli chiedono al loro Maestro “Di’ a noi quando accadranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo” (24.2); Lui risponde a tutto, dall’imminente distruzione della città al Suo ritorno, per poi finire con una sintetica descrizione del giudizio finale. Nel sermone profetico c’è tutta la storia, antica, moderna e futura, quella che è già scritta, decisa, cui nessun essere umano potrà sottrarsi. E penso a quanto è penalizzante vivere in un mondo sottoposto al “principe di questo mondo” che illude miliardi di persone con distorte prospettive di una vita che in realtà è a termine, illudendo l’uomo che le vittorie riportate sui suoi simili, spesso con furberie e raggiri, possano garantirgli la sopravvivenza. Si collezionano i risultati ottenuti come trofei, si ignorano volutamente quei segnali che la vita dà quando un simile si ammala, soffre e muore, ci si sforza di convincersi che il decesso sia come, dopo tutto, entrare in una grande anestesia, ma lo si teme. Un mio conoscente ateo un giorno mi disse di aver sognato che era morto, confessando di aver provato un’enorme paura, ma non per questo si era fermato a riflettere se non fosse il caso di cercare delle risposte a questo suo violento disagio, che non si sarebbe verificato se vi fosse stata una reale convinzione che la morte fosse la fine di tutto, quindi anche e soprattutto dell’essere.
Con quest’ultima parte del sermone Gesù dà un importante avvertimento all’uomo, come sempre libero di accoglierlo o rifiutarlo: “Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria”. Nelle precedenti parabole ha già descritto il Ritorno ponendo l’accento sul fatto che alcuni (anche considerati credenti) saranno preparati ad esso nonostante il sonno che li aveva colti, ma qui dà un quadro diverso, “Quando verrà”, cioè si tratta di un avvenimento certo di cui la Sapienza di Dio ha ritenuto di darci riferimenti ben precisi, non solo perché pronunciati dal Figlio.
Le parole di Gesù si raccordano a Matteo 13.41-43, quando alla fine della parabola della zizzania disse “Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!”, 16.27, “Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni”, Marco 16.42, “E vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo”.
Questi versi si riferiscono al vero, ultimo atto con il quale si concluderanno i millenni della storia umana che troveranno negli avvenimenti descritti la sua conclusione definitiva: Gesù, glorificato, chiuderà quel per noi lunghissimo ciclo di generazioni tutte uguali nella loro essenza per dare inizio all’eternità, di gioia o di pena a seconda di come la Sua creatura avrà agito.
Saulo di Tarso, nella seconda lettera ai Corinti, così scrisse di sé: “Conosco un uomo in Cristo che, quattordici anni fa (se con il corpo o fuori dal corpo non lo so, lo sa Dio), fu rapito fino al terzo cielo. E so che quest’uomo (se con il corpo o fuori dal corpo non lo so, lo sa Dio) udì parole ineffabili che non è lecito al alcuno pronunziare” (12.2,3). Ora queste “parole” possiamo affermare con certezza fossero inerenti a tutta la dottrina che poi riverserà nei suoi insegnamenti, adattate alla mente umana, quindi abbiamo il complessissimo linguaggio di Dio filtrato in modo di essere alla portata dell’uomo comune. Così l’apostolo si espresse attorno alle parole di Gesù che stiamo esaminando: “È proprio della giustizia di Dio ricambiare con afflizioni coloro che vi affliggono e a voi, che siete afflitti, dare sollievo insieme a noi, quando si manifesterà il Signore Gesù dal cielo, insieme agli angeli della sua potenza, con fuoco ardente, per punire quelli che non riconoscono Dio e quelli che non obbediscono al vangelo del Signore nostro Gesù. Essi saranno castigati con una rovina eterna, lontano dal volto del Signore e dalla sua gloriosa potenza. In quel giorno, egli verrà per essere glorificato nei suoi santi ed essere riconosciuto mirabile da tutti quelli che avranno creduto, perché è stata accolta la nostra testimonianza in mezzo a voi” (2 Tessalonicesi 1.6-10).
Infine Giuda 14,16: “Profetò anche per loro Enoc – primo ad essere rapito al cielo, che sarà uno dei due Testimoni del libro dell’Apocalisse – settimo dopo Adamo, dicendo: «Ecco, il Signore è venuto con migliaia e migliaia dei suoi angeli per sottoporre tutti a giudizio, e per dimostrare la colpa di tutti riguardo a tutte le opere malvagie che hanno commesso e a tutti gli insulti che, da empi peccatori, hanno lanciato contro di lui». Sono sobillatori pieni di acredine, che agiscono secondo le loro passioni; la loro bocca proferisce parole orgogliose e, per interesse, circondano le persone di adulazione”.
Si tratta di un avvenimento visto anche dal profeta Daniele che ebbe una visione dettagliata, per quanto estensibile nella storia per la panoramica che ci dona, in 7. 9-10: “Io continuavo a guardare, quand’ecco furono collocati troni e un vegliardo – tradotto da altri “l’Antico dei giorni” – si assise. La sua veste era candida come la neve e i capelli del suo capo erano candidi come la lana; il suo trono era come una vampa di fuoco con le ruote come fuoco ardente. Un fiume di fuoco scorreva e usciva dinnanzi a lui; mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano. La corte sedette e i libri furono aperti”. Poi, poco dopo, “Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco apparire, sulle nubi del cielo, uno, simile ad un figlio di uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui, che gli diede potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano, il suo potere è un potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto” (13,14).
Torniamo però al nostro verso 31: il “Figlio dell’uomo” non arriva da solo, ma “coi suoi angeli”, cioè i messaggeri, definiti da un fratello “i perfetti esecutori dei voleri di Dio”, che tanto nella letteratura vetero che neotestamentaria così sono descritti, da Gabriele “che sto davanti a Dio” a tutti quelli che eseguiranno i Suoi giudizi descritti nel libro dell’Apocalisse. Gli angeli, tra i molti episodi passibili di citazione, furono anche quelli che “lo servivano” al termine dei quaranta giorni di tentazione nel deserto, uno di loro fu inviato a “confortarlo” al monte degli Ulivi nei momenti precedenti al Suo arresto (Luca 22.43). Angeli parlarono a Zaccaria, ad Elisabetta sua moglie, a Maria madre del corpo di Gesù, a Giuseppe suo padre putativo in sogno, alle donne una volta risorto, ai discepoli che guardavano il cielo quando Gesù scomparve ai loro occhi all’ascensione. Sarà a seguito di “…un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio” che il Signore “discenderà dal cielo” (1 Tessalonicesi 4.16). che “si manifesterà con gli angeli della sua potenza” (2°, 1.8). Possiamo affermare che l’angelo è la personificazione, la visibilità di ciò che di Dio è ancora occulto; sono gli esseri che lo circondano, che furono creati nel mondo invisibile al pari delle stelle, quelle “luci nel firmamento del cielo per distinguere il giorno dalla notte; servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni e servano da luci nel firmamento nel cielo per illuminare la terra” (Genesi 1.14). La loro opera, infatti, sarà determinante per l’apertura di ogni nuova dispensazione, per orientare il cammino di uomini come ad esempio Abramo e così via.
Abbiamo poi il terzo elemento del verso 31, “siederà sul trono della sua gloria”, ciò che vide anche Davide nel suo Salmo ottavo: “Ma il Signore sta assiso in eterno; erige per il giudizio il suo trono: giudicherà il mondo con giustizia, con rettitudine giudicherà le cause del popoli” (vv.8,9). Sottolineiamo le parole “erige per il giudizio il suo trono”, che possiamo connettere a quelle di Gesù ricordate recentemente, “vado a prepararvi un posto”: è l’uomo e il tempo che danno a Dio la possibilità di realizzare le Sue promesse nel senso che sono gli uomini, con le loro azioni e la loro storia, che inconsciamente preparano tutti i materiali perché il trono venga eretto e il Figlio ritorni. È una questione di scadenze e Dio non ha un orologio o una sveglia, ma la sua creatura non può che essere costretta a fare ciò che deve, nel bene e nel male. Quando “giudicherà il mondo con giustizia” sarà sì perché la Sua pazienza sarà finita, ma soprattutto perché il numero di coloro che sono scritti nel “libro della vita” sarà completo e prolungare il numero delle anime a perdere sarà inutile, non so se ho reso l’idea.
Ora veniamo al trono. Non è il luogo abituale sul quale un regnante siede, sul quale si pone quando esercita le sue funzioni: dal momento in cui il trono viene occupato, tutto quanto il re ordina e decide assume un valore assoluto. Anche nei nostri tribunali il processo inizia non nel momento in cui un giudice o la corte entra in aula, ma da quanto questi si mettono a sedere. E ricordiamo che in Daniele 7 abbiamo letto che “L’antico dei giorni si assise” in quanto il Figlio non si era ancora rivelato e perché le circostanze erano diverse così come il giudizio.
Gesù si siede “sul trono della sua gloria” perché è a Lui che spetta: se tutti gli uomini muoiono (e mi chiedo quale sia il numero totale di quelli che hanno vissuto dall’uscita da Eden ad oggi, o quale sarà quello di coloro al tempo della fine), uno solo è risorto. Se “tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio”, uno solo non ha commesso infrazioni alle Sue leggi. Se ogni uomo e donna nasce, ma non sempre, per un atto di amore e viene al mondo senza averlo chiesto, uno solo ha voluto uscire dall’eternità per essere soggetto al tempo e ritornarvi. Se ogni uomo può vincere almeno un nemico nella propria vita, ma non certo il “Principe delle potestà dell’aria” (o “di questo mondo”), uno solo lo ha vinto ottenendo, come abbiamo letto, “potere, gloria e regno”. E lo ha fatto per noi.
Concludendo, possiamo citare le parole dell’apostolo Giovanni che in Apocalisse 20.11,12 scrive “E vidi un grande trono bianco e Colui che vi sedeva. Scomparvero dalla sua presenza la terra e il cielo senza lasciare traccia di sé. E vidi i morti, grandi e piccoli, in piedi davanti al trono. E i libri furono aperti. Fu aperto anche un altro libro, quello della vita. I morti vennero giudicati secondo le loro opere, in base a ciò che era scritto in quei libri”.
Quella descritta da Nostro Signore è una realtà che abbaglia, fuori dal nostro vivere così comunque ordinario, ma che tutti gli uomini vedranno e vivranno. E ne saranno arsi o si illumineranno. E proveranno una gioia incontenibile, o una pena che andrà oltre ogni portata. Amen.
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