01.11 – LA NASCITA DI GESÙ (Luca 2.1-7)

01.11 – La nascita di Gesù (Luca 2.1-7)

 

1In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. 2Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. 3Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 4Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. 5Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. 6Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. 7Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio”.

 

Solo Matteo e Luca parlano della nascita di Gesù, per quanto mettendo l’accento su avvenimenti diversi, ed alcuni commentatori sostengono che i due racconti siano stati scritti anche per confutare l’eresia dei doceti che sostenevano l’umanità di Cristo essere solo una parvenza (dal verbo greco dokéo “sembrare, apparire”), negando così la Sua natura umana e quindi le sofferenze che ebbe nel corpo.

Matteo e Luca ci parlano quindi del “Natale”, argomento indispensabile per conoscere le origini di Nostro Signore, omettendo volutamente la sua data di nascita nonostante fosse da loro conosciuta perché per gli ebrei, e così dovrebbe essere per coloro che aderiscono o hanno aderito al cristianesimo, festeggiare il compleanno era ritenuta cosa da evitare, essendo i pagani a celebrarla. Leggiamo che in Genesi 40.20 che “…il terzo giorno, il giorno del compleanno del faraone, avvenne che egli fece un banchetto per tutti i suoi servi”. In Marco 6.21, poi, “Erode per il suo compleanno offrì un banchetto ai suoi grandi, ai comandanti e ai notabili della Galilea”. Entrambi erano pagani, uno egiziano e l’altro idumeo.

Nel quarto secolo d.C., però, la Chiesa di Roma istituì, per ragioni politiche e con l’intento di cristianizzare a lunga scadenza le popolazioni pagane, il 25 dicembre per festeggiare la nascita di Gesù, inserendola nel suo calendario liturgico. Tale data corrispondeva alla festa in onore del dio Sole e, per giustificare il raccordo a tale ricorrenza, furono utilizzati i versi in cui Gesù, nelle profezie che conosciamo, è definito “Sole di Giustizia” e “Luce da illuminare le genti”.

Luca è il solo a parlare delle circostanze che si verificarono prima e subito dopo il parto collocandolo sotto l’impero di Caio Ottaviano, pronipote di Giulio Cesare, primo dei cinque imperatori di Roma cui seguiranno Tiberio, Caligola, Claudio e Nerone, sotto cui si svolgeranno gli avvenimenti riportati dal Nuovo Testamento, Atti ed epistole comprese. L’opera di Dio con la nascita di Gesù fa quindi il suo ingresso ancora una volta nella storia umana, dopo le Sue promesse e gli innumerevoli interventi per il Suo popolo, ma con significati completamente diversi che sono sintetizzati dall’apostolo Paolo con l’espressione “Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo figlio nato di donna” (4.4). La “pienezza del tempo” si riferisce sì ad un momento storico preciso in cui la situazione politica poteva essere favorevole alla diffusione del messaggio cristiano (pensiamo solo ai trasporti, all’impero romano e alle vie di comunicazione) e in cui in tutto il mondo orientale si attendeva l’arrivo di un salvatore. Soprattutto ci sarebbe stato un momento ben definito in cui si sarebbe aperta la parentesi della dispensazione della grazia: questo sarebbe avvenuto tra la 69ma e la 70ma settimana profetizzata da Daniele (9.20-27) che, in modo criptico per molti, prevede un tempo per la sopportazione del peccato da parte di Dio prima che venga il suo giudizio definitivo su quella parte di umanità che non avrà voluto accogliere il suo messaggio.

La “pienezza del tempo” è una definizione che si collega strettamente a tutti quei casi in cui gli uomini vengono esortati al ravvedimento perché “il regno di Dio è vicino” o addirittura “è giunto fino a voi”, avvenimenti scritti nella grande agenda di Dio; così l’era della grazia in cui viviamo ha una scadenza che sfocia nella 70ma settimana, l’ultima, che sarà divisa in due periodi di tre anni e mezzo ciascuno, il primo caratterizzato da una falsa pace mondiale proclamata dal “Figlio della perdizione” e il secondo contrassegnato dai grandi giudizi che Dio manifesterà su tutta la terra e che sono descritti nei capitoli da 6 a 18 del libro dell’Apocalisse.

Abbiamo letto di un censimento: questo era teso a registrare non solo le persone, ma anche i nuclei famigliari con relativa composizione e i loro averi in vista di una tassazione, terzo significato del verbo greco apograféo che veniva impiegato per indicare il fare una copia, il registrare uomini e cose, oppure fare un inventario per fissare un’imposta. Questo censimento doveva essere fatto per tutto l’impero e quindi anche la Giudea, che era una provincia imperiale. La citazione di Quirinio è importante per collocare con più precisione il periodo perché fu governatore per due volte: una prima dal 4 all’1 a.C. e una seconda dal 6 all’11 d.C. e la riscossione delle imposte pare avvenne in questo secondo periodo. Il censimento ebbe le procedure secondo l’uso ebraico che registrava persone e cose nella loro città di nascita a differenza di quello romano che lo faceva nel luogo ufficiale di residenza: stando così le cose, Giuseppe e Maria dovettero recarsi al loro paese di origine, lasciando Nazareth affrontando un viaggio di diversi giorni; se i due paesi distavano fra loro tre giorni di percorso a cavallo, con Maria prossima al parto è molto probabile che ce ne volessero almeno il doppio.

Maria e il marito arrivano così a Betlemme, che significa “casa del pane”, l’antica Efrata (è chiamata anche “Bethlehem di Efrata”) dove Giacobbe aveva sepolto Rachele (Genesi 35.19) e lì arrivò il momento del parto, delicato non solo come avvenimento per ogni donna, ma anche per noi che ci troviamo a dover risolvere un problema importante visto nella pericope “lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo” (v.7).

Immaginiamoci la situazione nei giorni poco prima dell’evento: Giuseppe e Maria, giunti a Betlemme, villaggio di non molte case, la trovarono ovviamente piena di persone giunte là, come loro, per ottemperare agli obblighi imposti dall’editto: il problema del dove alloggiare non era di poco conto sia perché Betlemme era piccola, sia perché la moltitudine di gente giunta prima di loro si era accaparrata i posti migliori disponibili. In realtà però, leggendo bene il testo, Luca non ci dice che Giuseppe e Maria non riuscirono a trovare un posto perché Betlehem era piena di gente, ma che “non c’era posto per loro” perché Maria, prossima a partorire, avrebbe secondo la Legge contaminato il luogo dove avrebbe partorito così come le persone. Non avrebbero quindi potuto alloggiare presso le abitazioni come ospiti, ma poteva essere disponibile la stalla dove i viaggiatori ricoveravano i propri animali accanto magari a quelli dei proprietari.

Allora Giuseppe trovò un riparo per Maria cercando sicuramente di sistemarlo e pulendolo come meglio poteva, tenendo lontani gli animali che potevano costituire un pericolo per il bambino. Maria poi è probabile che partorì da sola, senza essere assistita da nessuno perché fu lei stessa ad avvolgere il figlio nelle fasce e a deporlo nella mangiatoia, quindi alzandosi subito dopo averlo partorito. Provvide così a lavarlo, a recidere il cordone ombelicale oltre che sbarazzarsi della placenta e a pulire se stessa. Le fasce furono così il primo vestito che Gesù indossò come essere umano, preludio di quelle altre che Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo utilizzarono per avvolgere il suo corpo con gli aromi alla sepoltura.

C’è poi la mangiatoia, che assieme alle fasce e alla paglia proteggevano il piccolo dal freddo, ma non mi sento di avallare la teoria del presepe che vede un bimbo quasi nudo riscaldato dall’alito di un asino e di un bue che, animali e in quanto tali comunque imprevedibili, saranno stati accuratamente tenuti lontano. Come osservò un fratello, “Sull’iconografia tramandataci da Francesco d’Assisi, giocò fortemente l’emotività e non la realtà dell’avvenimento”.

Ultimo dettaglio, ma certo non trascurabile stante le interpretazioni opposte in merito, lo troviamo nelle parole “diede alla luce il suo figlio primogenito”, sul quale sono corsi letteralmente fiumi di inchiostro. Il termine “primogenito” veniva usato ordinariamente per indicare colui che nasceva per primo indipendentemente dal fatto che restasse o meno figlio unico anche se Matteo 13.55,56 lascia intendere che la famiglia di Maria e Giuseppe fosse numerosa: grazie ai doni ricevuti dai Magi, che arrivarono tempo dopo, i genitori di Gesù erano diventati benestanti e potevano permettersi un decoroso mantenimento di figli. Così si espressero gli abitanti di Nazareth: “Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli? Non è forse egli il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte fra noi? Da dove gli vengono dunque tutte queste cose?”. Si creano delle condizioni di scandalo attorno a questioni trascurabili: Maria era una donna, in quanto tale rimase impura secondo la legge per 40 giorni dopo aver partorito. Vergine all’atto del parto perché suo figlio era stato concepito in modo non umano, fu madre e moglie di Giuseppe vivendo la propria unione esattamente come tutte le altre donne sposate del mondo. Non ho mai capito quale senso potesse avere non solo la sua supposta verginità post parto e il fatto che si sia astenuta dall’avere rapporti col proprio marito anche alla luce del fatto che il matrimonio in Israele aveva nel far figli il suo scopo portante.

Dai versi visti finora, al di là delle considerazioni “tecniche” che abbiamo fatto, se ne possono fare altre, la prima della quale è: Dio governa il mondo e, come in tanti episodi storici dell’Antico Testamento, prepara e organizza i presupposti affinché certi eventi si possano verificare senza che molti li possano capire. Gesù doveva nascere in Betlemme e in nessun’altra città. Il profeta Michea scrisse “E tu, Betlemme di Efrata, così piccola per essere tra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che dev’essere il dominatore in Israele. Le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti” (Michea 5.1), espressione per indicare l’eternità di cui Gesù stesso farà cenno quando dirà “Prima che il mondo fosse, io sono”.

Caio Ottaviano, alias Cesare Augusto, convinto di essere quasi onnipotente, temuto e riverito dai suoi simili, non pensava certo, ordinando quel censimento, di essere un mero strumento nelle mani di Dio o comunque di contribuire a un Suo progetto; neppure Quirino, sottoposto ad Ottaviano, poteva pensare cosa si celasse dietro quello che per lui era un’operazione che garantiva la riscossione dei tributi e quindi ricchezza (anche) per la sua persona. Negli avvenimenti del mondo estraneo alla Chiesa, ai “chiamati fuori” da un mondo che ha solo disprezzo per la Parola di Dio, esiste quindi un perché, una lettura che come credenti possiamo dare. Dobbiamo sapere che nulla è lasciato al caso, ma ogni cosa scorre secondo i tempi voluti e preparati da chi ha progettato ogni cosa per loro: siamo nati come tutti, ma diversamente dai “tutti” chi è diventato “concittadino dei santi e membro della famiglia di Dio” ha uno scopo e un futuro di eternità preparato per lui, come disse Gesù in Matteo 25.34 “Allora il Re dirà a coloro che saranno alla sua destra, Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno che vi è stato preparato sin dalla fondazione del mondo”.

Possiamo concludere con Genesi 49.10 quando Giacobbe morente, benedicendo i figli, disse di Giuda, che originerà una tribù alla quale apparterrà la casa di Davide, “Lo scettro non sarà rimosso da Giuda, né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché venga Colui che darà il riposo, e al quale ubbidiranno i popoli”. Era finalmente nato Colui che gli uomini di Dio aspettavano fin dai tempi antichi, di cui l’angelo Gabriele aveva annunciato, un Re che verrà adorato dai magi venuti da Oriente, dalla Persia, uno che dichiarerà e dimostrerà di essere l’inascoltato Figlio di Dio. Gesù avrebbe potuto nascere nelle migliori corti del tempo e con tutte le comodità umane, ma venne al mondo identificandosi subito con la precarietà della condizione umana mettendo in opposizione fino da allora il ragionare umano e quello di Dio. Allo stesso modo i suoi genitori, lungi dall’essere trattati con riguardo, furono costretti ad un viaggio faticoso, aggravato dalla condizioni di Maria, perché fossero adempiute le profezie sulla nascita del bambino a Betlemme: bastava loro di essere degli strumenti nelle mani di Dio e non pretesero mai nulla in cambio, lontani da quella mentalità distorta di chi pretende che le proprie aspettative coincidano con quelle di Dio, mentalità che molti hanno.

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