16.23 – FIGLIO DI DAVIDE E SIGNORE (Matteo 22-41-46)

16.23 – Figlio di Davide e Signore (Matteo 22.41-46)

 

41Mentre i farisei erano riuniti insieme, Gesù chiese loro 42«Che cosa pensate del Cristo? Di chi è figlio?». Gli risposero: «Di Davide».43Disse loro: «Come mai allora Davide, mosso dallo Spirito, lo chiama Signore, dicendo: 44Disse il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici sotto i tuoi piedi.45Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?». 46Nessuno era in grado di risponderli e, da quel giorno, nessuno osò più interrogarlo.

 

Secondo la cronologia di Matteo riguardo al martedì della settimana della Passione, troviamo i farisei riuniti assieme per tre volte, due chiaramente per attaccare Gesù, ma non è detto il motivo della terza, quella che abbiamo letto al verso 41. Pensavano di nuovo al modo migliore per eliminarLo oppure, per evitare di ammettere la loro sconfitta, erano intenti in altre questioni? Non ci è detto da nessuno dei Sinottici, fatto sta che Gesù li raggiunge ed è Lui a interrogarli affrontandoli sul loro terreno dialettico, vale a dire con un quesito alla cui soluzione ne fanno seguito altri, sempre sullo stesso tema, ma costringendo l’interlocutore ad un approfondimento.

Solitamente le discussioni farisaiche e rabbiniche consistevano proprio in questo, cioè partivano da un passo di Scrittura per poi procedere a un suo sviluppo: una domanda sul testo generava una risposta che costituiva il nuovo punto di partenza per una discussione e così via, proprio come in questo caso, anche se la questione viene presto interrotta per manifesta incapacità a rispondere da parte dei farisei, persone certamente avvezze al testo sacro e a sviluppare dottrinalmente un concetto. Da Marco 12.35 che riporta lo stesso episodio dicendo “Insegnando nel tempio Gesù prese a dire: «Come dicono gli scribi che il Cristo è figlio di Davide?»”, è evidente che la breve discussione avvenne in un luogo aperto, quindi ancora una volta nel cortile dei Gentili.

Ora credo che affrontare il tema Davide sotto il profilo biografico o quello di uomo di Dio richiederebbe molto tempo, mentre può essere interessante esaminarlo, in piccola parte, nel suo ruolo di profeta riguardo a Gesù tenendo presente le sue ultime parole in 2 Samuele 23.2, “Lo Spirito del Signore è sopra di me, la sua parola è sulla mia lingua”, che lo qualificano come tale. Nei suoi Salmi molto parlò del Cristo arrivando a descrivere non solo le Sue sofferenze, ma accennando anche del traditore fra i Dodici e parte di quanto da lui detto fu utilizzata dall’apostolo Pietro, illuminato dallo Spirito, ad esempio, in Atti 1.16 “Fratelli, era necessario che si compisse ciò che nella Scrittura fu predetto dallo Spirito Santo per bocca di Davide riguardo a Giuda, diventato la guida di quelli che arrestarono Gesù”.

In proposito abbiamo il Salmo 69.26-29, riguardo ai persecutori del Cristo, “Il loro accampamento sia desolato, senza abitanti la loro tenda; perché inseguono colui che hai percosso, aggiungono dolore a chi tu hai ferito. Aggiungi per loro colpa su colpa e non possano appellarsi alla tua giustizia. Dal libro dei viventi siano cancellati e non siano iscritti tra i giusti”. Ancora riguardo a Giuda, Davide riporta tutta una serie di dati che aiutano molto a comprenderlo quando a personalità e destino: “Mi rendono male per bene e odio in cambio del mio amore. Suscita un malvagio contro di lui e un accusatore stia alla sua destra! Citato in giudizio, ne esca colpevole e la sua preghiera si trasformi in peccato. Pochi siamo i suoi giorni e il suo posto lo occupi un altro. I suoi figli rimangano orfani e vedova sua moglie. Vadano raminghi i suoi figli, mendicando, rovistino fra le loro rovine. L’usuraio divori tutti i suoi averi e gli estranei saccheggino il frutto delle sue fatiche. Nessuno gli dimostri clemenza, nessuno abbia pietà dei suoi orfani. La sua discendenza sia votata allo sterminio, nella generazione che segue sia cancellato il suo nome. (…) Si è avvolto di maledizione come di una veste: è penetrata come acqua nel suo intimo e come olio nelle sue ossa. Sia per lui come vestito che lo avvolge, come cintura che sempre lo cinge”.

La correlazione fra Davide e Gesù è sviluppata in alcuni passi del Nuovo testamento, ad esempio Atti 2.30,31 in cui è Pietro a parlare: “Ma poiché – Davide – era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì la corruzione”. “Sapeva che gli aveva giurato solennemente” perché in Salmo 132.11 si legge “Il Signore ha giurato a Davide, promessa da cui non torna indietro: «Il frutto delle tue viscere io metterò sul tuo trono!”, “perché non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa” (Salmo 16.10). E Pietro, ormai trasformato dallo Spirito e dalla Grazia, con una mente rinnovata, specificò che “Non da volontà umana è mai venuta nessuna profezia, ma mossi dallo Spirito Santo parlarono alcuni uomini da parte di Dio” (2° 1.21).

 

Ora, tornando all’episodio dopo avere aperto una finestra che credo necessaria su un aspetto di Davide come profeta, Gesù inizia il Suo intervento con una domanda molto semplice, alla quale scribi e farisei rispondono senza alcuna esitazione e, viene da pensare, coralmente: “«Che cosa pensate del Cristo? Di chi è figlio?». Gli risposero: «Di Davide»”. E infatti “Figlio di Davide” era il titolo che per l’ebraismo spettava al Messia; fu riconosciuto come tale nei Vangeli da tutti coloro che lo chiamarono in quel modo, come la donna Sirofenicia, i due mendicanti ciechi di Capernaum, Bartimeo a Gerico, la folla che due giorni prima a Gerusalemme Lo aveva acclamato come tale, e i bambini quando giunse nel tempio.

Il Messia però, per l’ebraismo, doveva essere solo e semplicemente un uomo come dalla frase “Noi tutti pensiamo che il Cristo sarà un uomo nato da genitori umani” che troviamo nei “dialoghi con Trifone” di Giustino (II sec.). Uomo come gli altri certo nell’aspetto esteriore, ma non per tutto quello che disse e fece fino alla Sua risurrezione e ascensione al cielo.

 

La seconda parte della domanda di Gesù ai farisei ci riporta a Davide che questa volta, nel suo Samo 110 che già allora si riteneva messianico, inizia con “Oracolo del Signore al mio Signore: «Siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi»”, andando oltre la descrizione del Messia sofferente data in altri Salmi, per presentarlo chiaramente vittorioso. Quindi la domanda, precisamente impostata sul ragionamento farisaico direi col preciso scopo di generare un corto circuito, era posta affinché quelle persone riunite chiarissero come Davide potesse chiamare “Signore” uno che era suo discendente e che i profeti e non solo chiamavano suo “figlio”.

Ora Davide, nell’apertura del suo Salmo profetico, vede e quindi scrive che dalla propria discendenza, quindi “figlio” secondo la carne, uscirà Uno che sarà anche “Signore” nel senso di Dio. Certo il Gesù uomo era “figlio di Davide” quanto a genealogia, ma per la parte divina certamente no, essendo Davide semplicemente un uomo, come vedremo citando la lettera agli Ebrei.

Scrivendo “Disse il Signore al mio Signore” abbiamo soggetto e complemento diversi, ma identici nel nome. “Il Signore” è chiaramente Dio Padre, l’Assoluto, il Creatore, mentre “al mio Signore” è un riferimento a Colui che è più vicino, col quale si instaura una relazione reciproca, con cui il profeta parlava e vedeva in Spirito a tal punto di scrivere di Lui nei suoi Salmi. È il possessivo “mio” ad aprire le porte della salvezza, l’identificazione, il riferimento.

Ciò che quindi il Padre dice al Figlio, “Siedi alla mia destra…”, rimarrà un’iscrizione misteriosa, per quanto all’interno di un Salmo riconosciuto messianico, fino a quando non avremo la rivelazione di Gesù e di chi, nel Nuovo Testamento, provvederà a spiegarla, ancora una volta l’apostolo Pietro nel giorno di Pentecoste in Atti 2.29-35: “Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e il suo sepolcro è ancora oggi fra noi. Ma poiché era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere al trono un suo discendente, previde la resurrezione di Cristo e ne parlò: questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì la corruzione. Questo Gesù, Dio lo ha resuscitato e noi tutti ne siamo testimoni – altrimenti se ne sarebbero tornati alla loro quieta vita di un tempo –. Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire. Davide infatti non salì al cielo, tuttavia egli dice: «Disse il Signore al mio Signore: siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici come sgabello dei tuoi piedi». Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele che dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso”.

Proseguiamo nella lettura dei testi in merito, l’apostolo Paolo nella sua prima lettera ai Corinti scrive: “È necessario che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi” (15.27-25), dove il “…regni finché” è riferito all’attesa, al fatto che il Cristo vive e regna nel mondo spirituale nell’attesa che possa appropriarsi definitivamente del nuovo, in cui la morte sarà l’ultimo nemico annientato perché Satana non avrà più alcuna possibilità di vita e quindi non esisterà più il suo strumento prediletto, morte del corpo, ma soprattutto dell’anima.

Vediamo infine la risposta teologica alla domanda di Gesù alla quale i Suoi avversari non seppero rispondere: Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato. Infatti, a quale degli angeli Dio ha mai detto: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato? E ancora: Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio? Quando invece introduce il primogenito nel mondo, dice: Lo adorino tutti gli angeli di Dio. Mentre degli angeli dice: Egli fa i suoi angeli simili al vento, e i suoi ministri come fiamma di fuoco, al Figlio invece dice: Il tuo trono, Dio, sta nei secoli dei secoli; e: Lo scettro del tuo regno è scettro di equità; hai amato la giustizia e odiato l’iniquità,
perciò Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di esultanza, a preferenza dei tuoi compagni.
E ancora:
In principio tu, Signore, hai fondato la terra e i cieli sono opera delle tue mani.
Essi periranno, ma tu rimani; tutti si logoreranno come un vestito. Come un mantello li avvolgerai, come un vestito anch’essi saranno cambiati; ma tu rimani lo stesso e i tuoi anni non avranno fine.
E a quale degli angeli poi ha mai detto:
Siedi alla mia destra, finché io non abbia messo i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi?” (Ebrei 1.3.13).

Infine, sempre Ebrei 10.11-14 “Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e a offrire molte volte gli stessi sacrifici, che non possono mai eliminare i peccati. Cristo, invece, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è assiso per sempre alla destra di Dio, aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti a sgabello dei suoi piedi. Infatti, con un’unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati”.

I “nemici”: chi sono? Secondo il dizionario, come sostantivo, così è “chi si atteggia o si comporta in modo da provocare il danno e la sconfitta altrui”, ma come aggettivo “avversione decisa e assoluta incompatibilità, come anche generica o nociva ostilità”; secondo la Parola di Dio, però, per quello che ci riguarda sono tutti quelli che rientrano in Colossesi 1.21-23: “Un tempo anche voi eravate stranieri e nemici, con la mente intenta alle opere cattive; ora egli vi ha riconciliati nel corpo della sua carne mediante la morte, per presentarvi santi, immacolati e irreprensibili dinanzi a lui; purché restiate fondati e fermi nella fede, irremovibili nella speranza del Vangelo che avete ascoltato, il quale è stato annunciato in tutta la creazione che è sotto il cielo, e del quale io, Paolo, sono diventato ministro”. Amen.

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